«Investire sulla cultura per crescere e affrontare in maniera pacifica lo scontro di civiltà»: lo dice l’ex presidente di confindustria Antonio D’Amato.
Ma ormai tutti lo dicono ma nessuno lo pratica tanto che sta diventando un luogo comune e l’ex presidente lo ha ripetuto a Perugia dove ha concluso il workshop “L’educazione all’arte e alla cultura: il ruolo delle istituzioni pubbliche e dei privati”, il secondo organizzato nell’ambito del Progetto Cultura in collaborazione con la Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia.
Un appuntamento a cui ha partecipato anche la ministra dell’Istruzione, Stefania Giannini, che ha annunciato l’arrivo in classe, a partire dal 1° settembre 2016, di 10mila docenti specializzati in discipline artistiche.
D’amato ha pure detto che «l’educazione all’arte e alla cultura rappresentano il vero vantaggio competitivo sul quale l’Italia può costruire un percorso di crescita non solo dell’occupazione e del Pil, ma anche della convivenza civile». Ragion per cui – ha aggiunto – le risorse destinate a questi settori «non possono essere viste solo come spese da tagliare, ma come investimenti in grado di creare occasioni di crescita e di sviluppo».
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“Guardando avanti però e non limitandoci a tutelare il patrimonio che abbiamo alle spalle. Ad esempio facendo della cultura e dell’arte il volano per recuperare i centri storici e puntare sul turismo di qualità”.
D’Amato ha poi allargato il cerchio. Definendo la difesa e la valorizzazione del nostro patrimonio artistico e culturale fondamentale anche «per riconoscere e ribadire le nostre radici culturali non solo greco-latine, ma anche giudaico-cristiane».
Interessante l’intervento di Vittorio Sgarbi che ha ricordato i tempi in cui la cultura occupava la terza pagina dei giornali e ha ironizzato sulle polemiche dei giorni scorsi: «Parlare di maternità nella storia dell’arte significa pensare a Giotto, Botticelli, Caravaggio. Sarà meglio che pensare alla maternità della Meloni o no?».
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