L’assessore all’istruzione della Regione Veneto invita amministratori, rappresentanti degli organi scolastici e genitori ad inviare una esplicita richiesta alla ministra Stefania Giannini perché riconosca al Veneto tutti i posti di docenza di cui le scuole della regione hanno bisogno per continuare a garantire il servizio didattico ordinario. Secondo un comunicato dell’assessore in Veneto mancherebbero 468 docenti
“Ma la battaglia non si ferma qui. Ho intenzione di contattare con urgenza i Consigli di istituto delle diverse aree del Veneto per spiegare ai genitori quali sono le prospettive per il prossimo anno scolastico, in presenza di 468 docenti in meno. E chiederò ai genitori, così come agli amministratori locali, di tempestare di mail il ministero, perché riveda il piano di assegnazioni per il buon funzionamento della scuola veneta. Se Roma non ci riconoscerà 3131 posti in più rispetto ai 48.099 in organico effettivo nell’anno scolastico 2015/2016, avremo molte classi “pollaio”, una forte penalizzazione della montagna, la negazione del tempo pieno già richiesto dalla famiglie. Inoltre, sarà interrotto il percorso di educazione degli adulti, che non potranno così conseguire il titolo di studio”.
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“Scrivete al ministro – esorta l’assessore – agli indirizzi di posta elettronica caposegreteria.ministro@istruzione.it e segreteria.particolare.ministro@istruzione.it e manifestate la vostra protesta: Roma deve sapere che il Veneto rivendica il diritto di avere tutti i docenti di cui ha bisogno per garantire la ‘buona scuola’ ai suoi studenti”.
Tuttavia, occorre ricordare, quando Mariastella Gelmini, ministra dell’istruzione durante il governo di centro destra, cui appartiene l’assessora del Veneto, tagliò cattedre e docenti, aumentando il numero di alunni per classe, dagli ambienti da cui ora parte la protesta, la scelta fu accolta con favore al fine, sia di adeguare il numero degli alunni per classe all’Europa e sia per razionalizzare le spese. In pratica la lotta per migliorare l’istruzione italiana ha sempre come ispiratrice non l’oggettivo bisogno ma la soggettiva spinta elettorale. Un po’ come successe con Brenno che sul piatto della bilancia mise la sua spada: chi vince decide e comanda. Porsi il problema che una scuola efficente e funzionale sia bene comune non pare interessare troppo.
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