“Da Presidente del Consiglio io entrerò nelle scuole, una volta ottenuta – se così sarà – la fiducia dal Senato e dalla Camera. Mercoledì mattina, come faccio tutte le settimane, mi recherò in una scuola; la prima sarà un istituto di Treviso, perché ho scelto di partire dal Nord-Est, mentre la settimana prossima andrò in una scuola del Sud.” E ancora “Metto a verbale che la scuola è il nostro punto di partenza. Ogni mercoledì sarò in una scuola del paese”. Queste sono le parole che ha pronunciato il Premier Matteo Renzi lo scorso 24 febbraio 2014 in Senato, durante il discorso per chiedere la fiducia al suo governo.
A distanza di poco più di un anno i rapporti tra il Presidente del Consiglio e gli insegnanti sembrano essere radicalmente cambiati, diventando più tesi di una corda di violino. Oggi da una parte si usano termini come “ squadrismo “o “ masochismo “, dall’altra si assaltano pagine personali di Facebook con frasi tipo “Sono indignato per il decreto buona scuola e per questo non voterò PD”, in altre parole una spirale di provocazione verbale crescente. Arrivati a questo punto sarebbe auspicabile trovare, se possibile, un punto di incontro per evitare il sorpasso di una soglia politica di non ritorno, che farebbe male al Governo, alla scuola, ai sindacati, agli studenti, alle famiglie e soprattutto all’impegno nello studio. Per fare un primo passo caro Premier perché non ricominciare le visite delle scuole il mercoledì? Perché non ricominciare un dialogo diretto e schietto, che sembra essere smarrito? Non siamo “ squadristi “, non siamo “ masochisti “, siamo orgogliosamente insegnanti, servi solo del sapere e di nessun altro.