Anche se bloccato a casa per una fastidiosa lombosciatalgia, non posso fare a meno di ricordare, come avrei fatto oggi a scuola la figura di Giovanni Falcone…
Lo faccio sempre, da anni, ragionando con i ragazzi anche su come sono cambiati tempi e modi della comunicazione. Il Tg condotto dalla Buttiglione, il 23 maggio 1992, fu come una ferita inferta a metà sera nella case degli Italiani, con un ritardo notevole rispetto all’attentato del pomeriggio come tardive e frammentarie apparvero nel tg di Badaloni anche le conferme dell’attentato a Borsellino del 19 luglio…
In soli 57 giorni furono colpiti due uomini dello Stato e tra i due eventi ci sono testimonianze che riporto sempre alla luce ed alla mente dei miei allievi.
Una è l’ intervista che Borsellino rilasciò al tanto bravo quanto sfortunato Lamberto Sposini in cui colpisce il passaggio in cui Falcone viene ricordato come presenza eticamente benefica.
L’altra è la testimonianza della vedova di Vito Schifani, con quella voce rotta dal pianto che chiedeva agli assassini di inginocchiarsi, di chiedere perdono ad una città sporcata col sangue per difendere lo Stato, ideale rievocato dalla vedova tra convinzione e sofferenza, in un’eco che scuote ancora le coscienze.
Ultimamente si è aggiunta poi la toccante intervista di Serena Bortone alla vedova Montinaro che, con dignità, non lascia la sua Sicilia e mantiene in vita il marito con la tenacia della testimonianza…
Sono trascorsi ormai 31 anni da quel pomeriggio malefico in cui ero studente prossimo agli esami di stato e, nel testimoniare quei giorni ad alunni prossimi allo stesso traguardo, mi chiedo se ora davvero viviamo giorni migliori. Credo purtroppo di no. Ricordo di quei giorni del ’92 la solerzia in cui si scelse Scalfaro, capo dello Stato per dare l’idea unitaria di uno Stato che, pur tra retoriche incertezze, comunque resisteva e faccio un confronto con 1000 grandi elettori dei nostri giorni che lo scorso anno faticarono a trovare uno, dico un cittadino italiano che fosse il grado di guidare lo Stato, oltre un pur rispettabile ottuagenario.
Nessuno degli attuali politici può fingersi ignaro di venti di guerra che già si temevano forti come mai avrei pensato che saremmo arrivati al punto di far credere all’ opinione pubblica che Piani di ripresa e resilienza potessero essere compatibili con piani di guerra e che si potesse fissare per legge il termine di una emergenza pandemica. Restano tanti dubbi ma abbiamo il dovere di andare avanti, preservando democrazia e libertà e cercando di creare quel clima culturale che possa far germogliare quelle buone idee che camminano sulle gambe degli uomini di buona volontà…
Pellegrino Caruso
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