Domenica 26 febbraio Lorenzo Tomasin su “Il Sole24ore” ha contestato una pietra miliare della didattica della scuola italiana: ha riletto la lettera a una professoressa di don Lorenzo Milani sostenendo che l’indirizzo operativo proposto dal priore di Barbiana introduce uno sgangherato egualitarismo, foriero di disparità e d’ingiustizia.
Una conclusione che elide tutti gli attori di un processo articolato, lo riduce ai suoi due estremi: la lettera e la scuola contemporanea.
Una semplificazione che banalizza, sterilizzandola, l’azione di don Milani che si caratterizzava per l’assunzione del punto di vista degli ultimi.
La sua contestazione al tema d’italiano “Davanti all’edicola” sia d’esempio: come può uno studente che non sa cosa sia un’edicola sviluppare la traccia?
Come non condividere la sua amarezza e il suo risentimento per l’immeritata bocciatura?
La visione proposta dal giornale occulta l’origine e il senso della proposta di don Milani: abbandonare la didattica discendente, la didattica unidirezionale, il rapporto medico-paziente per introdurre la didattica ascendente (laboratori), la didattica partecipata, la progettazione d’itinerari di crescita culturale.
La visione proposta dal giornale confonde la mission universitaria (la trasmissione del sapere) con la mission della scuola (promuovere competenze).
La visione introdotta da don Milani è parallela a quella prescritta dai regolamenti scolastici degli ultimi cinquant’anni, indirizzi sistematicamente rifiutati da tutti gli operatori della scuola [cfr. “Il Miur naviga a vista”, visibile in rete]
Emblematici sono i programmi della scuola secondaria di primo grado del 1979 (ex media), oggi considerata l’anello debole del sistema scolastico che, “mediante l’acquisizione di conoscenze fondamentali specifiche, favoriscono la conquista di capacità logiche, scientifiche, operative e delle corrispondenti abilità e la progressiva maturazione della coscienza di sé e del proprio rapporto con il mondo esterno” e “stimolano le capacità intuitive; favoriscono la verifica della validità delle intuizioni di ragionamenti via via più organizzati; educano alla comunicazione con linguaggi che facilitano l’organizzazione del pensiero e favoriscono la progressiva chiarificazione dei concetti…”.
La scuola “in atto” non ha accettato il cambiamento di prospettiva; é rimasta incollata alle pagine dei libri di testo e ha sacrificato il traguardo del sistema educativo: la promozione di capacità e di competenze.
Sul terreno scolastico: i conservatori e gli innovatori si fronteggiano da mezzo Secolo.
L’attuale legislatore si è schierato con quanti ostacolano una didattica atta a fronteggiare gli imprevedibili cambiamenti socio-culturali.
La legge n. 107/2015 ha come titolo “Sistema nazionale di istruzione e formazione”; la finalità educativa che qualificava la precedente denominazione “Sistema educativo di istruzione e di formazione” è stata depennata.
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