Si fa oggi un gran parlare della possibilità di allungare l’anno scolastico portando le lezioni fino al 30 giugno dando per scontato che tutte le ore passate davanti al computer in didattica a distanza (la famigerata Dad) siano state ore perse che vanno recuperate.
Innanzitutto sconcerta che a pensarla così sia il ministro Azzolina, che a primavera tanto lodava la Dad come mezzo formidabile per garantire il diritto allo studio, salvo poi, dati alla mano, rendersi conto che solo un alunno su quattro ha i mezzi adeguati per seguirla. Ma guarda che scoperta clamorosa! Non si sapeva già prima che il livello di informatizzazione del nostro paese è penosamente basso? Allora perché non investire lì le risorse?
La dispersione scolastica in Dad, però, deriva anche da fattori socio culturali: da famiglie che avendo le figlie a casa le sfruttano come colf/badanti impedendo loro di seguire le lezioni, famiglie che non si preoccupano di verificare se il figlio si connette o meno per fare Dad, ma sono le stesse famiglie che non sanno neppure se il figlio frequenta regolarmente la scuola in presenza, che non consultano il registro elettronico, che non prendono visione delle note, dei voti, delle comunicazioni scuola famiglia, che non vengono alle udienze.
Per questi ragazzi andare a scuola fino al 30 giugno non cambierebbe nulla.
Sconcerta che la proposta di allungare il calendario scolastico arrivi anche da Pino Turi della UIL, che evidentemente pensa che i docenti durante la Dad abbiano passato il tempo a raccontarsi storielle con gli alunni, divertendosi un sacco. C’è da chiedersi da che parte stia.
Turi ha mai provato a stare cinque ore filate davanti ad uno schermo a spiegare, fare esercizi, verifiche controllando che gli alunni siano connessi, che non sfuggano durante le interrogazioni, che tengano la webcam accesa, alla fine sperando che si comportino in modo corretto, ma verificando spesso che accade il contrario?
Fare Dad non è come usare il computer in un ufficio qualunque, provare per credere.
La Dad non è un buon sistema per insegnare, ma è l’unico praticabile in emergenza, se molti ragazzi hanno avuto risultati deludenti lo si deve alla loro incapacità ad utilizzare il mezzo in modo proficuo, lo si deve alla pigrizia di chi non è mai puntuale nel collegarsi, alla sciatteria di chi si collega direttamente dal letto, in pigiama, perché tanto è a casa e non dà importanza a ciò che sta facendo, lo si deve alla convinzione che verifiche od interrogazioni si possono saltare millantando guasti tecnici di ogni tipo, oppure si può copiare e ricevere suggerimenti da ogni parte.
Ora, tutti questi atteggiamenti scorretti a chi si devono imputare, alla Dad? O forse ad una mentalità corrente che dice ai ragazzi di farsi furbi, che solo gli sfigati fan fatica e studiano seriamente, che poi alla fine tutti saranno promossi? E mi tocca dire che questo modello educativo è avallato da genitori che sono sempre pronti a difendere i propri figli persino davanti ad evidenti scorrettezze.
Per tutti questi andare in classe fino al 30 giugno non serve a niente.
Ma la Dad non è ovviamente solo dei disonesti e dei furbetti, lo provano tutti quei ragazzi seri e responsabili che Dad o non Dad studiano in modo approfondito per loro stessi, per il loro futuro, perché solo studiando possono veramente crescere.
Per tutti questi stare in classe a crepare di caldo fino al 30 giugno è solo una punizione ingiusta.
Io so per certo che non ho perso tempo lavorando al computer con le mie classi, ho portato avanti il programma come in presenza avrei fatto, né più né meno.
Mettere in dubbio la serietà professionale dei docenti da parte di ministri e sindacalisti affermando che bisogna “modificare il calendario per recuperare il vero diritto allo studio” è offensivo al limite della diffamazione, dal momento che i docenti hanno sempre garantito tale diritto ad ogni loro studente con i mezzi stabiliti dallo stesso Ministero dell’istruzione e ribaditi dai vari DPCM.”
Roberta Oddone
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