Lo rivela il “Rapporto Orientamento 2011”, che fa parte di un progetto triennale di ricerca svolto dall’Isfol per conto del ministero del Lavoro e delle politiche sociali.
Oltre a delineare la panoramica degli elementi che legano l’orientamento all’istruzione, alla formazione e al lavoro, il Rapporto permette la realizzazione di un Archivio nazionale dell’orientamento, consultabile on-line sul sito dell’Istituto.
Sono 11.000 le scuole che dichiarano di svolgere attività orientative, di cui oltre la metà sono secondarie statali di primo grado e circa il 44% quelle di secondo grado, mentre più bassi sono i valori delle scuole non statali.
Quanto all’Università e all’alta formazione, il censimento conferma la presenza, a dicembre 2011, di 238 enti che erogano servizi di orientamento, anche in questo caso con una prevalenza di quelli statali. A riguardo, del ‘sistema lavoro’ abbiamo un totale di 2.898 strutture: dagli Informagiovani (37,1%) ai centri per l’impiego (24,3%), dalle agenzie per il lavoro (16,6%) alle associazioni di categoria (12,7%); mentre i centri di orientamento corrispondono al 6%.
Il Rapporto mostra una fruizione complessivamente elevata in tutti i gruppi, che oscilla dal 45% dei soggetti lavoratori all’87% degli studenti, anche se in quest’ultimo caso la fruizione non è pratica consolidata. Ciò spiega ulteriormente perché a una buona conoscenza dei servizi non corrisponda un’altrettanto sostenuta fruizione, mentre la cultura dell’orientamento sembra essere entrata a pieno titolo nel sistema dell’istruzione.
Le azioni intraprese mostrano un buon livello di coerenza con le generali finalità didattiche ed educative nei diversi cicli, benché la scarsità di risorse economiche e umane ne impedisce la sua piena applicabilità operativa e prevale il carattere di emergenza.
Ma ci sono anche difficoltà nel progettare iniziative che prevedano un’apertura verso l’esterno e risulta poco e non sufficientemente formato il personale dedicato a tali attività.
L’offerta di orientamento, inoltre, sembra ancora priva di un’organizzazione efficiente e sistemica.
Oltre il 60% degli intervistati dichiara che si rivolgerebbe a un servizio di orientamento in primis per conoscere le opportunità formative e lavorative, il 22,8% per favorire l’incontro di domanda e offerta di lavoro e il 18,5% per essere accompagnati nella ricerca del lavoro. L’87% del campione raggiunto dichiara di aver fruito di almeno un servizio di orientamento: sono soprattutto i liceali (93%), poi gli studenti degli istituti professionali (82,2%) e quelli degli istituti tecnici (81%). Il dato se confrontato con quello delle rilevazioni degli anni scorsi evidenzia un trend positivo nella partecipazione.
Minore è invece il livello di fruizione negli altri ambiti, dove si ha una media del 30,7%. Fanno eccezione soltanto i servizi di orientamento delle università, che raggiungono il 43,4%; si tratta però di servizi volti innanzitutto al reperimento di informazioni, più che allo sviluppo di capacità di auto-analisi e auto-orientamento utili al sostenimento delle scelte e allo sviluppo di capacità progettuali.
Da rilevare il dato dei giovani che dichiarano di non aver fruito di servizi di orientamento per non averne avuto la possibilità: si tratta del 25,4%.
Circa il 75% ha invece dichiarato una mancanza di interesse, rendendo evidente come la domanda verso gli interventi di orientamento sia legata soprattutto a fattori di necessità più che di scelta.
Il lavoro di indagine svolto dall’Isfol ha messo in luce, sotto il profilo politico-istituzionale, l’urgenza di passare dall’orientamento come una pratica professionale di sostegno al singolo individuo a un orientamento come strumento di politica attiva per favorire l’occupabilità e migliorare le condizioni di lavoro.
Appare inoltre necessario uno sforzo per superare l’attuale frammentarietà di azioni, pratiche, servizi e professionisti di orientamento, anche prefigurando nuove strategie per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, che dovrebbero essere garantiti su tutto il territorio nazionale.
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