Negli ultimi tre anni caratterizzati dalla crisi economica, tra il 2011 e il 2013, i Neet sono cresciuti in modo esponenziale. E i livelli di scolarizzazione e formazione universitaria hanno fatto registrare solo lievi incrementi, con il Sud che arretra. Sono alcuni dei dati contenuti nel “Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (Bes 2014)” realizzato dal Cnel e dall’Istat, pubblicato il 26 giugno.
Nel rapporto si legge che sono migliorati quasi tutti gli indicatori su istruzione e formazione in Italia, ma la crescita è “lenta e troppo esigua per riuscire a colmare l’importante divario che separa l’Italia dal resto d’Europa”.
Inoltre, i livelli di competenza, sia alfabetica sia numerica, continuano a collocare il nostro Paese lontano dalla media dei Paesi Ocse. Ma l’aspetto più preoccupante riguarda l’incremento della generazione “neet”: “come durante tutto il periodo di crisi, continua ad aumentare in misura preoccupante la quota di ragazzi che non studiano e non lavorano, soprattutto nel Sud, dove in molte regioni oltre un terzo dei giovani si trova in questa situazione”. La quota di neet (giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non studiano) nel 2013 ha avuto un aumento ancora più consistente del recente passato raggiungendo il 26%, più di 6 punti percentuali al di sopra del periodo pre-crisi. E tra i neet aumentano i disoccupati: erano 34,1% nel 2011, diventano il 42,2% nel 2013 (+8%). Per quanto riguarda la scolarizzazione, la quota di chi ha 25-64 anni con almeno il diploma superiore passa dal 56% del 2011 al 58,2% nel 2013.
Detto che la scuola dell’infanzia “rappresenta un punto di forza del nostro sistema di istruzione e formazione”, non va meglio tra coloro che hanno conseguito un titolo universitario: la percentuale dei 30-34enni che sono diventati “dottori” è cresciuta lievemente, passando dal 20,3% del 2011 al 22,4% del 2013. Tra le criticità un primo aspetto problematico riguarda la diminuzione del tasso di immatricolazione all’università dei diciannovenni.
Inoltre, l’indice di partecipazione culturale continua il suo trend discendente, mentre permangono significative differenze interne che in alcuni casi tendono ad accentuarsi, soprattutto dal punto di vista territoriale e di genere. Gli uomini, il Mezzogiorno e i giovani di estrazione sociale più bassa sono i più penalizzati. Particolarmente marcato appare lo svantaggio delle regioni del Sud e delle Isole rispetto ai diversi livelli di competenza, sia alfabetica sia numerica e informatica e i dati dell’Ocse tracciano un quadro allarmante indicando che solo un terzo degli italiani tra i 16 e i 65 anni raggiunge un livello accettabile di competenza alfabetica mentre un altro terzo è ad un livello così basso che non è in grado di sintetizzare un’informazione scritta.
Secondo il rapporto, “è necessario attivare programmi adeguati mirati alla riduzione delle disuguaglianze sociali, territoriali e di genere tra i giovani e di investire in formazione degli adulti per diminuire gli enormi divari generazionali nei livelli di competenze alfabetiche, numeriche e informatiche”.