Con il ritorno alle zone rosse ed un lockdown quasi totale, otto studenti su 10 sono di nuovo tornati ad utilizzare la DAD, la famigerata e tanto discussa didattica a distanza oggetto primario dell’opinione pubblica nell’ultimo anno.
Nonostante la forte spinta verso il digitale del nostro Paese, processo accelerato anche grazie a questa pandemia che ci affligge da un anno; ancora non siamo in grado di dare la “stessa opportunità” di formazione a tutti i nostri ragazzi.
A lanciare l’allarme di questa diseguaglianza è l’ottava edizione del “Rapporto sul Benessere equo e sostenibile” dell’Istat, secondo cui “la pandemia del 2020, con la conseguente chiusura degli istituti scolastici e universitari e lo spostamento verso la didattica a distanza, o integrata, ha acuito le disuguaglianze”.
Questa iniquità tocca in particolare l’8% della quota di bambini e ragazzi delle scuole di ogni ordine e grado rimasti esclusi da una qualsiasi forma di didattica a distanza: ma la quota sale al 23% tra gli alunni con disabilità.
Ma il quadro relativo agli effetti della DAD è reso ancora più negativo, se allarghiamo l’analisi alle competenze e agli effetti sulla salute che la didattica a distanza sembra provocare.
Le competenze digitali in Italia sono tra le più basse in Europa, basti considerare che tra i 16 e 74 anni solo il 22% ha dichiarato di avere elevati skills contro una media del 31% a livello UE, con addirittura oltre il 24% di persone che dichiarano di non aver mai usato Internet negli ultimi tre mesi.
Nel 2020 la possibilità di partecipare ad attività di apprendimento diverse dalla formazione scolastica e universitaria, è stata, anch’essa, bruscamente interrotta, soprattutto nei mesi di marzo, aprile e maggio, o parzialmente riconvertita in altre forme di formazione. La partecipazione media per l’Italia è scesa al 7,2% degli individui. Il calo è particolarmente evidente al Nord (dal 10,5% del secondo trimestre 2019 al 7,9% dello stesso periodo nel 2020) e al Centro (dal 9,6% all’8,2%).
Se analizziamo le attività culturali, il lockdown è stato per ovvi motivi devastante, la quota di persone di 6 anni e più che si sono dedicate ad almeno due attività culturali fuori casa come andare al cinema, a teatro o a un concerto, visitare musei o mostre è scesa al 30,8% rispetto 35,1% dell’anno precedente.
A beneficiare di questo periodo è invece la lettura di libri, dovuto al maggior tempo trascorso in casa, il trend è in ripresa infatti, con una percentuale che si aggira intorno al 40% un dato che non si vedeva dal 2010.
Altro effetto da non trascurare è quello che ha un impatto sulla salute, almeno secondo un recente ricerca del Ministero della Salute in cui risulta che almeno uno studente su 3 sta sviluppando nuovi stati di ansia, stress, disturbi alimentari ed autolesionisti.
Nel primo semestre del 2020 si è verificato un aumento del 30% di casi di disturbi all’alimentazione dovuti da stress post traumatico dovuti in prima battuta all’isolamento e la mancanza delle relazioni quotidiane.
Il Prof. Giuseppe Riva, Direttore del Laboratorio Sperimentale di Ricerche Tecnologiche applicate alla Psicologia di Auxologico e Professore ordinario di Psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha spiegato in una recente intervista che “l’isolamento e la didattica a distanza hanno un impatto significativo sulla vita degli adoloscenti”, perché spiega il Docente, il contatto con i compagni di classe rappresenta una delle più importanti esperienze che “definisce” un adolescente dal punto di vista sociale. La DAD toglie il legame con il luogo fisico e porta i ragazzi a sentirsi più soli, creando in loro un senso di disorientamento e disagio.
Anche dal punto di vista dell’apprendimento, secondo l’esperto ci sono diversi impatti negativi perché non si attivano correttamente i neuroni specchio che invece entrano in gioco quando vediamo altri fare un’azione e sono i neuroni che creano la connessione automatica, l’empatia, essenziale per qualsiasi relazione. Inoltre, un altro tipo di neuroni che vengono messi in discussione nella DAD sono i neuroni gps, che inizialmente si pensava servissero soltanto per orientarsi nello spazio, in realtà ci si è resi conto che hanno un ruolo fondamentale nella memoria autobiografica; quindi siamo in grado di ricordare i luoghi e gli eventi che sono al loro interno grazie al loro intervento. Nella DAD i neuroni GPS non vengono attivati. Per questo i contenuti formativi trasmessi da luoghi virtuali hanno maggiore difficoltà a fissarsi nella memoria autobiografica. Il rischio è quello di passare le giornate ad ascoltare cose che dimenticheremo molto in fretta.
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