A sentire il Governo la disoccupazione è ai minimi da tre anni ed è pure in calo il numero dei senza lavoro tra gli under 25. Ma il dato non convince.
Perché allora, viene da chiedersi, l’Italia detiene il record di Neet ed di laureati che, è notizia di queste ore, continuano ad avere grosse difficoltà trovare un impiego anche a tre anni dal titolo?
A snocciolare i dati rassicuranti, stavolta è stato direttamente il premier Matteo Renzi, il quale non ha mancato di sottolineare come a novembre 2015 il tasso di disoccupazione nazionale, tracciato dalle stime provvisorie dell’Istat, è diminuito ancora arrivando all’11,3% (-0,2 punti percentuali): si tratterebbe del livello più basso dal novembre del 2012. Per il presidente del Consiglio, quindi, “è la dimostrazione che il Jobs act funziona. L’Italia che riparte, riparte dal lavoro”.
Anche il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, a novembre, è sceso al 38,1%, in diminuzione di 1,2 punti percentuali rispetto al mese precedente.
Eppure, il tasso di inattività, pari al 36,3%, è rimasto invariato. E su base annua l’inattività è cresciuta: +1%, pari a +138 mila persone inattive.
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A dar manforte a Renzi è stato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti: “nonostante un quadro internazionale difficile, questi numeri rappresentano segnali di speranza e di fiducia per il 2016. Confermano che le riforme intraprese danno buoni frutti: la fiducia di cittadini ed imprese inizia a trasformarsi in risultati concreti”.
Effettivamente, si tratta di dati troppo deboli per pensare che stiamo vivendo un’inversione di tendenza. Lo dicono a chiare lettere i sindacati, secondo cui i dati Istat rappresentano “l’ennesimo segnale di ripresa del lavoro in Italia, che non può tuttavia cancellare il fatto che il tasso di disoccupazione è ancora troppo elevato, soprattutto tra i giovani, le donne e nelle regioni del Mezzogiorno”, ha osservato il segretario confederale Cisl, Gigi Petteni.
Gli fa eco il segretario confederale della Uil, Guglielmo Loy: “i dati Istat sull’occupazione confermano la marcia da tartaruga del mercato del lavoro. La piccola crescita a novembre non inverte una rotta che, ad ora, non sta portando ai risultati sperati”.
Chi ha ragione? Il Governo o i sindacati? Ognuno tragga le sue conclusioni. Anche e soprattutto pensando alle situazioni personali o familiari, in particolare relative all’occupazione di più giovani.
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