Scorrendo il rapporto annuale dell’Istat sulla povertà in Italia, sono due le tendenze rilevate che riguardano la scuola ed i giovani. Avendo come sfondo il dato che nel 2009, nell’anno della crisi economica, il numero dei poveri e delle famiglie in condizioni di povertà è rimasto stabile, e che il fenomeno della povertà relativa (che misura i più poveri tra i poveri) continua a essere maggiormente diffuso nel Mezzogiorno (22,7%), tra le famiglie più ampie (24,9%), in particolare con tre figli (24,9%), soprattutto se minorenni (26,1%), l’Istituto di statistica ha anche constatato un’associazione con i bassi livelli d’istruzione: è significativo, in tal senso, che il 17,6% degli italiani in condizione di difficoltà economica (la soglia di povertà è ora fissata a 983,01 euro, circa 17 euro inferiore a quella del 2008) abbia conseguito al massimo la licenza elementare. Più in generale, si tratta di cittadini con svolgono bassi profili professionali (il 14,9% sono operai) e sono stati esclusi dal mercato del lavoro: l’incidenza di povertà tra le famiglie con due o più componenti in cerca di occupazione (37,8%) è infatti di quattro volte superiore a quella delle famiglie dove nessun componente è alla ricerca di lavoro (9%).
C’è poi un dato che interessa da vicino i giovani: quello che l’80% del calo dell’occupazione abbia colpito proprio loro, gli under 30. In soccorso sono subentrate da una parte le famiglie, che li hanno protetti anche se non più adolescenti, e dall’altra la cassa integrazione, che ha protetto i genitori dalla perdita dell’occupazione (essendo i genitori maggioritari tra i cassintegrati). Senza generalizzare, un giovane con un basso livello culturale, che abbandona la scuola prematuramente e che quindi non consegue un titolo di studio superiore alla licenza media, sembrerebbe destinato ad avere seri problemi di collocazione lavorativa. Con lo spettro della povertà, se il sostegno della famiglia dovesse venire meno, davvero dietro l’angolo.
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