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Istat: meno diplomati si iscrivono all’università

Cala il numero di diplomati che scelgono di proseguire gli studi iscrivendosi ad un corso universitario: la notizia è contenuta nell’annuario statistico 2007 dell’Istat, l’Istituto nazionale di statistica, dove si riporta che i giovani che nell’anno accademico 2005/2006 si sono iscritti per la prima volta all’università sono stati poco più di 324 mila, circa 8 mila in meno rispetto all’anno precedente.
Si tratta di un decremento piuttosto significativo, pari al 2,3%, che diventa ancora più evidente a fronte dell’innalzamento della popolazione universitaria (+4.000 studenti per un totale di 1.823.886 iscritti, di cui il 93,1% risulta iscritto ai corsi di laurea triennali) a cui evidentemente si avvicinano sempre più persone con trascorsi lavorativi.
L’Istat ha poi fatto sapere le variazioni del tasso di scolarità: a livello di scuola media-superiore è salito fino al 92,4% (contro l’89,8% del 2001/2002). A livello di scuola dell’infanzia e primaria, invece, è confermata la frequenza vicina al 100% degli aventi diritto-dovere.
Tra i tanti dati emessi dall’Istat ve ne sono alcuni davvero interessanti, soprattutto a livello accademico: uno studente universitario su cinque studia in una regione diversa da quella di residenza; è poi confermata la maggiore propensione delle ragazze a proseguire gli studi oltre la scuola secondaria. Le diplomate che infatti si iscrivono a un corso universitario sono ben 76 su 100, mentre i diplomati solo 64 su 100. Le donne sono inoltre portate a concludere prima il percorso accademico: le laureate sono circa 27 ogni 100 venticinquenni contro i 19 laureati ogni 100 maschi della stessa età.
Le laureate continuano però ad avere più difficoltà nel trovare un lavoro continuativo, subito dopo la laurea, rispetto ai colleghi maschi: sono appena il 52% quelle che hanno un lavoro continuativo contro il 62% dei maschi. 
La differenza, come anche avviene a livello di competenze acquisite, non è solo legata al sesso, ma anche al territorio: al Nord i laureati che lavorano continuativamente sono il 64,6%, al Centro il 56,2% e appena il 42,3% al Sud.
Per quanto riguarda le migliori opportunità di inserimento professionale dei laureati, l’Istat indica i corsi dei gruppi ingegneria (l’81,6% svolge un lavoro continuativo iniziato dopo il conseguimento della laurea), ma anche chimico-farmaceutico (72,5%), economico-statistico (68,1%) e di architettura (60,0%). Poi tutte le altre, con Facoltà che sono decisamente più vicine allo zero che al cento: un dato che forse spiega, almeno in parte, il minor numero di matricole neo-diplomate.
Alessandro Giuliani

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