Calano gli iscritti alla scuola dell’infanzia e alle elementari, nonostante la crescita continua degli studenti stranieri.
Segno più, invece, per le secondarie, mentre scende la percentuale di diplomati che sceglie di immatricolarsi all’università.
Sono i numeri contenuti nell’Annuario Statistico dell’Istat e resi noti dal Sole 24 Ore da cui li abbiamo tratti.
Gli studenti iscritti nell’anno scolastico 2013/2014 nei vari corsi scolastici, dice l’Istat, sono 8.920.228, 23.473 in meno rispetto al precedente anno. Per il secondo anno consecutivo diminuiscono gli iscritti sia alle scuole dell’infanzia (-22.140) sia alle scuole secondarie di primo grado (-18.992) mentre si registra un aumento di iscritti alle scuole secondarie di secondo grado (+15.788) e alle scuole primarie (+1.871). Aumentano anche gli iscritti ai percorsi triennali di istruzione e formazione professionale, gli allievi che li frequentano sono oltre 316 mila (+27.077 rispetto all’anno precedente). La diminuzione degli iscritti nei percorsi scolastici, sottolinea l’istituto di statistica, è «principalmente dovuta al calo demografico delle nuove generazioni, non sufficientemente compensato dalla crescente presenza nelle nostre scuole di alunni con cittadinanza non italiana (i quali presentano tassi di partecipazione più bassi di quelli dei ragazzi italiani)».
Crescono gli alunni stranieri nelle scuole italiane, che arrivano a 803.104 unità, il 9% degli iscritti. Secondo i dati, la crescita della presenza straniera appare però meno sostenuta rispetto al recente passato: nell’anno scolastico 2013/14 è pari al 2,0% mentre nell’anno scolastico precedente era del 4,1%. Sono le regioni del Nord e del Centro ad accogliere il maggior numero di giovani stranieri: la loro presenza nelle scuole dell’obbligo è pari rispettivamente a 14,5% e 11,9%, mentre nel Sud e Isole si attesta intorno al 3%.
Gli esami di terza media sono superati dalla quasi totalità degli studenti (99,7%), con voti mediamente più alti rispetto all’anno scolastico precedente: scende al 54,6% il numero di alunni che conseguono il titolo con un voto non superiore al sette e sale al 7,9% (dal 6,5%) la quota di chi supera l’esame con i voti più alti (dieci o dieci e lode).
Il livello di istruzione della popolazione italiana, spiega ancora l’Istat, si è costantemente innalzato nel corso del tempo. Nel 2014 oltre tre persone su dieci hanno una qualifica o diploma d’istruzione secondaria superiore (35,6%), mentre sono il 12,7% quelli che hanno conseguito un titolo di studio universitario.
Il passaggio dalla scuola secondaria all’università (calcolato come la percentuale di neo-diplomati che si iscrive per la prima volta all’università nello stesso anno in cui ha conseguito il diploma di scuola secondaria di II grado) diminuisce leggermente rispetto all’a.a. 2012/13 (-0,4): sono poco meno della metà i diplomati del 2013 che si sono iscritti all’università (49,7%), con i valori più alti per Molise (56,2), Abruzzo (55,2) e Liguria (55,1).
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Nell’anno accademico 2013-2014 la popolazione universitaria è composta da 1.676.955 studenti, in ulteriore flessione rispetto al precedente (-1,9%). Continuano a calare gli iscritti ai corsi triennali (-2,3%) e a crescere le iscrizioni ai corsi magistrali a ciclo unico (+1,3%).
Gli studenti che hanno conseguito un titolo universitario nel 2013 sono 302.231, 4.783 in più rispetto all’anno precedente (+1,6%). In generale, dicono i numeri, negli ultimi anni le donne rappresentano la maggioranza degli iscritti in tutte le tipologie di corso, in particolare in quelli magistrali a ciclo unico dove sono il 62,4%. E il loro percorso di studi è più brillante: le 25enni che nel 2013 hanno conseguito per la prima volta la laurea è al 39,6% (contro 25,5% degli uomini), mentre quelle che raggiungono la laurea magistrale sono il 23,6% contro il 15,3% degli uomini.
In ogni caso, dice l’Istat, permane un vantaggio competitivo associato al titolo di studio del dottorato di ricerca e, più in generale, a un titolo di studio più elevato.
Nel 2014, ha un’occupazione la quasi totalità dei dottori di ricerca che hanno conseguito il titolo quattro anni prima, anche indipendentemente dall’area geografica di provenienza. In particolare, ha un’attività lavorativa il 91,5% dei dottori che hanno conseguito il titolo nel 2010, mentre la percentuale sale al 93,3% per quelli che lo hanno ottenuto nel 2008.
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