La ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina in una lunga intervista a Tpi.it, dice: “Sarebbe inutile negare la condizione in cui si trovava la scuola quando l’epidemia ci ha investito. Ancora troppe disparità fra un istituto e l’altro. Ma la scuola ha saputo reagire, questo va detto. Dobbiamo esserne fieri. Ringrazio tutto il personale. Come Ministro ho voluto fortemente la didattica a distanza quando siamo stati costretti a chiudere le aule”.
E poi aggiunge: la didattica a distanza nel primo decreto era opzionale, “ci sono state diverse resistenze. Ma adesso abbiamo già cambiato la normativa: la didattica a distanza non può essere più opzionale. È un obbligo”. “A questa scuola io darei un bell’otto. Un buon insegnante deve valutare i risultati anche nelle condizioni in cui si producono”.
Tuttavia, imposto l’obbligo alla didattica a distanza, occorre pure vedere il livello di connessione alla rete e capire se tutti gli studenti hanno la pari opportunità stabilita dalla costituzione.
Perché si può pure obbligare, ma se chi obbliga dimentica o ignora di dare i mezzi per ossequiare il precetto, qualcosa non funziona, in termini di equità, giustizia e buon governo.
E infatti, dai dati, relativi al 2019, e che vengono raffrontati sulla base dell’ultima indagine Istat, si vede che la percentuale di famiglie connesse alla rete è molto differente, come sempre del resto, spostandosi a un 82,3% nella provincia autonoma di Trento al 67,3% della Calabria. Più in generale, scendendo da Nord verso Sud la percentuale di nuclei famigliari connessi si riduce, tanto che la media nazionale è pari al 76,1%.
Per quanto riguarda poi la percentuale di famiglie connesse in base alla dimensione del comune, i residenti dei comuni più piccoli sono quelli più penalizzati, come accade al 41,1% della Calabria e Basilicata dove viene a mancare pure un collegamento veloce alla rete.
Un disastro che coinvolge anche le fasce di età. Se infatti il 75% di bambini e ragazzi tra i 6 e i 14 anni utilizza la rete, senza avere dunque difficoltà a seguire le lezioni online, la rimanente percentuale, uno su quattro, potrebbe avere invece bisogno dell’aiuto dei genitori, con un aggravio in più per chi lavora.
Secondo quanto pubblica l’Ansa, a Vittoria, in provincia di Ragusa, nella scuola “Portella della Ginestra”, di fronte alla mancanza di pc, ci sono pure bambini di famiglie povere che non si sognano nemmeno di possedere la connessione internet.
È vero che stanno arrivando pc e tablet per i ragazzi con più bisogno, ma il problema grave della povertà permane, compresa l’inefficienza antica dei servizi e del loro utilizzo.
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