A commentare l’orribile aggressione ai danni di una docente Varese, accoltellata da uno studente di 17 anni lo scorso 5 febbraio è stata, sulle pagine de La Repubblica, la docente e scrittrice Valentina Petri. Quest’ultima ha usato parole forti e dense di significato per descrivere la situazione odierna dei docenti, che si sentono sempre più in trincea.
“La scuola non è un’isola, succede quel che succede anche fuori. Se nella società c’è un aumento di casi di violenza, aumentano anche in aula!”, ha esordito. “Credo che ci sia un bisogno educativo fortissimo. Questi episodi sono la spia di un disagio enorme che sfocia in violenza. E i docenti sono in prima linea come lo sono i medici del pronto soccorso, alle prese con una fetta già molto fragile di persone, gli adolescenti, che anche nella più rosea delle ipotesi affrontano le loro difficoltà per l’età che hanno e la fase evolutiva che attraversano”.
E, sul ruolo delle famiglie: “La presenza delle famiglie si è fatta molto forte. Ed è tanto auspicabile e doverosa quando è costruttiva, tanto è deleteria quando delegittima il lavoro degli insegnanti, quando vuole spiegarti come si fa il nostro lavoro: difficilissimo da gestire”.
Ma cosa possono fare i docenti? Ecco la risposta della scrittrice: “Solo il nostro mestiere, faticando moltissimo a costruire la relazione con gli alunni. Questo enorme lavoro può durare un quadrimestre, due, a volte cinque anni, talvolta nemmeno sappiamo se abbia dato i suoi frutti ma non possiamo mollare”.
“Il lavoro dell’insegnante non ha più l’attrattiva sociale di un tempo. Nessuno è attratto dagli zeri dello stipendio, la burocrazia ci ha messo il carico da undici, e mentre tutti impazziscono per il prof interpretato da Alessandro Gassman, che prende e porta i ragazzi fuori, noi siamo controllati come i magazzinieri di Amazon. E da fuori siamo ancora vittime dello stereotipo dei privilegiati con tre mesi di ferie”, ha aggiunto con amarezza.
Vale la pena ancora insegnare? Per Petri sì: “Per me è come chiedere a qualcuno in guerra se vale la pena salvare vite: vale sempre la pena”. Infine, la docente ha parlato degli istituti professionali, visto che lei ci insegna: “Sono le scuole dove si ha davvero il polso del Paese, che ti mettono in contatto con la realtà lontana da stereotipi, proclami, fiction. Insegnare qui vale la pena due, tre, mille volte in più perché ogni risultato raggiunto vale triplo ed è utile a tutti. Sembra retorica ma dopo 10 anni al professionale io ancora non cambierei mai scuola”.
“Dopo questa ennesima, gravissima, aggressione nei confronti di un insegnante ribadisco l’impegno mio e del governo: i docenti e tutto il personale scolastico non saranno lasciati soli, tuteleremo la loro dignità professionale e la loro incolumità”, ha detto il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ribadendo quindi che il corpo docente può contare sul supporto delle istituzioni centrali.
“Lo Stato, oltre a garantire la tutela legale, dovrà costituirsi parte civile per il danno di immagine arrecato con questa aggressione, perché – ha continuato – chi aggredisce un suo docente ha aggredito lo Stato stesso e ne deve rispondere. Nel caso di minori”, come nel caso di Varese “dovranno essere i genitori a farsene carico, e deve essere approvato presto il ddl sul voto in condotta”.
Proprio oggi il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, alle ore 15, risponde alla Camera ad un’interrogazione sulle iniziative in relazione all’aumento degli episodi di violenza danno degli insegnanti e del personale scolastico (Molinari – Lega).
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