Agli Alti Comandi del Ministero dell’Istruzione e del Merito
Gentilissimi,
sono un docente di lettere di ruolo, attualmente in servizio in “prima linea” in un istituto tecnico lombardo.
Nel corso dell’ultimo anno gli scontri si sono fatti violentissimi e il “nemico”, la dispersione scolastica, è divenuto più minaccioso.
Tra le nostre file il morale è a terra e chi può fugge nelle retrovie, sotto tiro del fuoco amico delle Dirigenze e dei colleghi spaventati.
Abbiamo perso la nostra efficacia nei contrasti e gli studenti che dovremmo sottrarre alla dispersione non si fidano più di noi. Ci stanno vicini ma hanno paura, paura di non essere salvati e di non essere capiti.
A dire il vero anche noi docenti abbiamo la stessa paura… temiamo che nessuno ci dia ascolto né apprezzi la nostra professionalità.
Alzo gli occhi al cielo e guardo i reparti aerei, i licei: quelli di cui un tempo facevo parte anche io! In cielo sono protetti dalle loro ali… ma noi, qui, soffriamo, nel fango dell’isolamento e della derisione dell’opinione pubblica.
Ciascuno prova a chiudere l’anno, salvando la pelle come può, tra colon infiammabili, dermatiti, insonnia, frustrazione, emicranie infernali, liti familiari etc. Fuoco incrociato insomma.
I colleghi dei professionali e degli IFP sono ormai allo stremo, quelli che restano sono in infermeria. Anche io ho provato a sostituirli ma ho rischiato di soccombere. In quelle zone del fronte non ci sono neppure le minime prospettive di recupero e salvataggio.
Qui, accovacciato in un angolo della prima linea, approfitto di un momento di calma per riordinare le idee. Mi guardo intorno e sono spaesato…
Cerco di capire come siamo potuti arrivare a questo punto e allora cerco di stilare una lista. Provo a elencare delle cause, rovistando tra quelle più gravi almeno.
Eccole, abbiatene cura… pensate a tutto quello che stiamo affrontando in nome di ciò in cui crediamo: l’amore per i nostri studenti e per la conoscenza che è libertà individuale e, di conseguenza, collettiva.
Bisogna partire da qui. Finché molti studenti ci considereranno loro pari non avremo speranze. Sono arrabbiati e non riconoscono il nostro ruolo. Dicono che rubiamo lo stipendio e abbiamo tre mesi di ferie. Chissà da chi li avranno sentiti questi slogan? Forse dai loro genitori! Forse neppure loro credono in quello che facciamo e in quello che rappresentiamo.
Il fatto è che di fronte a tutto ciò non abbiamo alcun potere. Ecco perché l’uso del cellulare in classe, diffuso e abituale peraltro, è soltanto la punta dell’iceberg.
A detta dei ragazzi più lucidi la loro dipendenza dagli smartphone è partita proprio dalla DAD. Comunque credo che prima dei fondi da stanziare alla scuola si debba alimentare il prestigio e l’importanza dei docenti, dando loro voce e ascolto con il riconoscimento pubblico dei loro meriti civili e sociali.
Quella che sembrava una conquista decisionale del decentramento scolastico ha innalzato fortini controllati da podestà tramutatisi prima in signori e poi in principi riconosciuti dall’istituzione centrale.
Certo, ci sono anche i principi illuminati, ma non è sempre così purtroppo e si sa come va con il potere: acceca gli uomini e sa renderli tiranni. A volte credo addirittura che si sia ritornati all’Antico Regime, altro che legalità e Costituzione Italiana figlia dell’antifascismo.
In nome dell’inclusione abbiamo perso e stiamo perdendo gli studenti migliori.
Già gli studenti migliori! Perché intere classi sono spesso in scacco per mano di veri e propri sabotatori addestrati che pretendono di avere qualsiasi potere grazie all’appoggio delle famiglie e dei Dirigenti che non vogliono problemi.
La differenziazione dei corsi di studi è ormai superata e, nonostante il digitale sia divenuto la panacea e la ragione di ogni finalità educativa, l’approccio alla didattica è quello di un secolo fa.
In tal senso urge, però, ribadire che la scuola non è un’azienda né produce oggetti da vendere, ma è la colonna portante della civiltà di un popolo. L’obiettivo primario di una classe dirigente.
Siamo stanchi di essere considerati inferiori. Sì, inferiori ai licei. Meno degni di attenzioni e di rispetto.
Noi docenti, il personale tutto e le famiglie non siamo cittadini di serie B, anzi abbiamo paura che tutto questo provochi una deriva classista delle risorse di questa bella Italia.
Anche i nostri ragazzi sono studenti normali, proprio come quelli liceali.
Voi non ci crederete ma io li ho visti soffrire ogni giorno nel sentirsi considerati incapaci di uno studio alto. Incapaci in partenza.
Io ho insegnato nei licei e qui nei tecnici svolgo lo stesso tipo di lezioni, dopo aver deciso anni fa di portare il tesoro umanistico anche a questi ragazzi.
Vi posso assicurare che mi seguirebbero in capo al mondo, anche nell’emisfero australe come i compagni dell’Ulisse dantesco.
Cercherò di proteggere la mia posizione, senza arretrare, e di onorare sempre la causa dell’istruzione pubblica e del suo potere benefico sulla salute di uno Stato civile e democratico, come è l’Italia, ma non so quanto ancora riuscirò a resistere insieme ai miei compagni.
Aiutateci vi prego, fate qualcosa! Prima che sia troppo tardi…
Pierpaolo Lazzaro
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