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Istituti tecnici e professionali, i favorevoli e i contrari alla riforma di Valditara: le opinioni dei sindacati e dei politici

Il disegno di legge sulla riforma della “filiera tecnologico-professionale”, approvata dal Consiglio dei Ministri del 18/9/2023 su proposta del ministro Valditara, trova un’ampia schiera di favorevoli, non solo nella maggioranza, ma anche degli accaniti oppositori.

La “profonda riforma” dell’istruzione tecnica e professionale non implica in realtà una revisione ordinamentale, ma una sperimentazione ai sensi dell’articolo 11 del DPR 275/1999 (Regolamento Autonomia) che prevede la riformulazione del percorso in 4 anni a livello secondario + 2 a livello terziario. Partirà dal 2024/25 e, almeno secondo le dichiarazioni iniziali del ministro riportate da tutti i media, potrebbe coinvolgere il 30% degli istituti (in realtà questa percentuale non è stata poi confermata nel testo del Ddl approvato).

I favorevoli

Tra i primi ad appoggiare la riforma, la ministra del Lavoro Marina Calderone ha espresso soddisfazione per il “passo in avanti nel contrasto del mismatch formativo”. “Un disegno di legge – si legge nel comunicato stampa del 18/9/2023- funzionale al futuro lavorativo degli studenti che punta a fornire quelle competenze richieste dal sistema produttivo. La necessità di rafforzare la filiera tecnologico-professionale è l’evidenza a cui non possiamo sottrarci per la concomitante azione degli investimenti e delle riforme previste dal PNRR. Connetterla alla riforma in itinere degli Istituti Tecnologici Superiori consentirà di edificarla fino al livello terziario, assieme a un sistema di ‘passerelle’ che consentiranno ai giovani e alle famiglie che scelgono questo percorso di raggiungere tutti i più alti livelli dei titoli terziari e post terziari: diploma di specializzazione per le tecnologie applicate, lauree, dottorati in apprendistato duale di terzo livello”.

Del tutto favorevole l’ex ministra Mariastella Gelmini, oggi senatrice di Azione. All’epoca del suo mandato (2008/11), ha portato a termine la riforma degli istituti tecnici e professionali, dell’istruzione e formazione professionale (I-FP), e ha lavorato, congiuntamente al collega Sacconi ministro del Lavoro, per l’integrazione tra apprendimento e lavoro a sostegno dell’occupabilità dei giovani. Con questo background, Gelmini non poteva che giudicare in modo ottimale “l’introduzione della quadriennalità per gli istituti” e “positiva la scelta di potenziare la verticalità dei percorsi, con la possibilità dell’accesso diretto dalla secondaria agli ITS. Fondamentale anche il raccordo con il mondo dell’impresa, in continuità con quanto già previsto da Industria 4.0”.

Applaude al progetto varato dal governo anche Confindustria, che ha sempre posto l’accento sul mismatch tra fabbisogno delle imprese e offerta formativa. Gli ultimi dati di Unioncamere Excelsior certificano che quasi metà dei posti messi disposizione dalle imprese non vengono coperti, in media 500mila ogni mese. Per questo, la riforma “è un primo passo significativo, e metodologicamente corretto”, come ha detto in una intervista Gianni Brugnoli, vice presidente di Confindustria per il Capitale umano, che valuta positivamente sia il modello innovativo di filiera del 4+2 che consente il completamento naturale dei percorsi tecnico-professionali negli ITS Academy, sia il rafforzamento dei PCTO con la “partecipazione attiva dell’impresa in tutte le fasi del percorso: dalla co-progettazione con gli insegnanti alla valutazione finale”, creando partnership strutturali tra scuola e impresa, formando insieme i tutor aziendali e scolastici, con la possibilità che in aula ci siano docenti provenienti dal mondo produttivo.

I contrari

I sindacati, in generale, hanno espresso un cauto attendismo. Da un lato la CISL apprezza il metodo di una riforma che, come garantito dal ministro, viene sperimentata e condivisa, e quindi potrebbe rilanciare questo segmento dell’istruzione e formazione, dall’altro la UIL esprime qualche perplessità circa l’introduzione, nel sistema di istruzione secondaria di II grado, di nuove figure di docenti, già presenti negli ITS, non contrattualizzate, per le quali bisognerà definire regole chiare e trasparenti che assicurino la qualità dell’insegnamento.

Nettissima contrarietà è venuta invece dalla CGIL che parla di un “disastro annunciato” perché in questo modo si istituisce un doppio canale dove il sistema dei tecnici e professionali viene declassato e ridotto, in “un percorso specifico e accorciato per coloro che non sono destinati all’università, promuovendo una nuova sperimentazione, con meno tempo scuola, senza aver prima valutato gli effetti dei licei quadriennali”. “Ancora una volta – denuncia il sindacato – si confonde l’istruzione con l’addestramento professionale legato ai bisogni delle imprese”.

Chi già si muove per anticipare la riforma

Fra i primi a voler aderire alla sperimentazione, che dall’anno scolastico 2024/2025 coinvolgerà il 30% degli Istituti, c’è il Convitto Nazionale Piazzi di Sondrio che ha già deliberato 5 proposte di nuovi indirizzi professionali all’avanguardia e strettamente funzionali alle esigenze formative, produttive ed occupazionali del territorio, con l’obiettivo di essere “un polo tecnico-professionale di riferimento per tutti i giovani e non della Valtellina”. Dirigente e docenti sono convinti che la riforma darà una nuova dignità e una chiara identità all’istruzione secondaria tecnica e professionale, ampliandone l’offerta formativa e orientandola, anche grazie al PNRR, verso le nuove professioni e le imprese. Il percorso, sostanzialmente quadriennale, sarà incentrato su un rafforzamento delle ore di PCTO e di apprendistato, oltre che sul miglioramento delle competenze di base (italiano e matematica). Saranno costituite reti, denominate “campus”, di cui possono far parte gli Istituti Tecnici e Professionali, quelli di IeFP, gli Istituti Tecnici Superiori e quelli della formazione tecnica superiore (ITS Academy ed IFTS), le Università, gli Istituti Afam ed i soggetti pubblici e privati.

Anna Maria Bellesia

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