Attualità

Istituzione di scuole per i rifugiati dall’Ucraina, il caso del Belgio

La formazione, la didattica e i programmi previsti per gli studenti ucraini sono stati interrotti da azioni militari terribili in svolgimento sul suolo della nazione, costringendo centinaia di migliaia di civili alla fuga disperata verso i contini dell’unione Europea alla ricerca di stabilità e relativa pace momentanea, fuggendo da attacchi secondo la logica di un esodo che pare infinito, almeno al momento. Gli studenti si sono ritrovati senza docenti, senza guide intellettuali, senza riferimenti e testi con un disorientamento mai sperimentato prima. L’obiettivo delle istituzioni europee e non solo risulta formalmente quello di garantire una continuità, preferibilmente con docenti di 4lingua ucraina, una mera continuità didattica col fine di evitare un anno scolastico vanificato se già sommato alla DaD e scuole chiuse nel paese sperimentate durante l’emergenza sanitaria. A tal proposito, il caso del Belgio non possiede per ora eguali a livello comunitario: una scuola creata appositamente per i bambini ucraini è stata lanciata a Bruxelles per aiutare studenti e studentesse delle famiglie di rifugiati a continuare il loro apprendimento interrotto dal conflitto in corso in madrepatria. 

Nasce “Vesna“: ci si auspica una “primavera” di pace e formazione per i ragazzi ucraini

Ma la nuova scuola multilingue e gratuita Vesna, fondata da Maria Smirnova, una donna che vive nella capitale belga con radici russe e ucraine, mira ad aiutare i bambini a passare e a integrarsi meglio nella società belga ed europea. Helena Shvab, madre di Dima, 14 anni, e di Maxim, 6, sostiene ai microfoni di Euronews che portare i suoi figli presso la scuola Vesna a Bruxelles le ha dato un nuovo senso di speranza. “Penso che [questa] possibilità sia ottima perché non riescono davvero a trovare amici della stessa età”, ha spiegato Shvab. “Dima non voleva uscire di casa e Max non vuole giocare con bambini che parlano solo francese. Ha paura. Ha detto: non ci capisco niente”. I tempi, sostengono i rifugiati, saranno difficili anche per Salliann McAlpnine, un’insegnante di inglese volontaria presso la scuola. Ha dichiarato a Euronews che risulterà importante anche affrontare il disagio emotivo dei suoi studenti.“Uno studente è entrato in aula – con un visibile broncio – e la madre mi aveva detto che era molto spaventato perché poteva sentire gli aeroplani e gli veniva ricordato cosa stava succedendo nella sua città natale”, ha detto McAlpine. “Quello che è successo allora è stato… ci siamo seduti per terra, e penso che abbia iniziato ad aprirsi. Stavamo solo facendo una chiacchierata. Ma la madre, si è guardata intorno e ha detto: sì, questo potrebbe essere un posto sicuro. È stato un po’ scioccante.” I bambini della scuola Vesna apprenderanno in ucraino, ma avranno anche la possibilità di interagire in altre lingue locali. Anche altre due scuole simili stanno nascendo a Parigi.

Come si adopera il Belpaese?

In Italia sono arrivate 95 mila persone dall’Ucraina, di cui 49 mila donne, 35 mila minori e 11 mila uomini, dato che quelli fisicamente abili sono stati coinvolti nella leva generale al fine di contrastare le operazioni russe sul territorio ucraino. Per le famiglie intere sono state messi a disposizioni alloggi, pasti, chiese e luoghi di culto, ambienti generici ricavati dalla conversione ad altro scopo di strutture dismesse o in altro stato. Per ora non persiste l’intenzione – o la necessità – nel belpaese di provvedere all’apertura di scuole dedicate solamente alla formazione continua di studenti e studentesse in arrivo dall’Ucraina, ma il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha precisato in una dichiarazione alla stampa che saranno messi a disposizione laboratori per la formazione continua dedicati ai ragazzi e, perché no, alle rispettive famiglie. Il fine, com’è ovvio da tali iniziative, è l’integrazione di due sistemi educativi in uno singolo, comune e collettivo in modo tale da favorire accoglienza, comprensione e cooperazione. 

Andrea Maggi

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