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Istruzione e lavoro: priorità per il Paese

E’ il contratto la via per nuove politiche retributive che diano valore alle professionalità della scuola. E’ inaccettabile la doppia penalizzazione: bloccare il contratto e gli scatti di anzianità, un prelievo di 300 milioni di euro.
La difficile situazione economica e le preoccupazioni degli italiani richiedono un Governo che sia in grado di governare. L’incertezza politica sta creando molti danni. Il Parlamento è chiamato a dare risposte nella prospettiva di un Governo stabile
La scuola – lo hanno ripetuto a più riprese il presidente della Repubblica, il presidente del Consiglio, il ministro dell’Istruzione – è un settore centrale per uscire dalla crisi.
Il sapere e il lavoro delle persone sono la maggiore ricchezza che ha il nostro Paese.
Sul lavoro c’è un eccessivo carico fiscale che sta diminuendo il potere d’acquisto delle persone.
Sulla scuola serve un cambiamento che ne rilanci la centralità.
Le cose da fare – ha spiegato Massimo Di Menna, nel corso del convegno che si è svolto il 1° ottobre a Roma – sono quelle che ci ha indicato l’Europa. C’è una lettera a firma Draghi-Trichet del 2011 (inserita nel dossier Uil scuola presentato nel corso del convegno) nella quale veniva fatta esplicita richiesta all’Italia di prevedere misure di modernizzare il sistema di istruzione e di valorizzare il personale.
Interventi mirati e chiari – sottolinea il segretario della Uil Scuola – fino ad oggi disattesi.
In una società che comunica attraverso i tweet, due hastag – strumenti che servono ad aprire confronti e a far comunicare – hanno fatto da filo conduttore alle nostre proposte: #investrireinistruzione e #riconoscereillavoro.
Nella legge di stabilità che comunque dovrà essere approvata, ci sono aspetti che devono trovare una collocazione. Pensiamo a scelte che puntino a innalzare il rapporto tra spesa per istruzione e Pil (in italia è al 4,7% in Europa la media è del 5,4%) che riproporzionino la spesa per istruzione rispetto alla spesa pubblica totale (in Italia si spende il 9,1%, in Europ a il 10,8%).
Va poi accettata e resa concreta la s sfida europea per la qualità dell’istruzione: vanno spostate risorse da sprechi privilegi a favore della scuola pubblica. Le retribuzioni italiane sono più basse della media europea. Il nostro spread delle retribuzioni, nella scuola, parte dai 4 mila euro di inizio carriera per arrivare ai 10 mila di fine carriera. E’ il contratto – ha insistito Di Menna – la via per nuove politiche retributive che diano valore alle professionalità della scuola. E’ inaccettabile la doppia penalizzazione: solo per la scuola si è scelto di bloccare il contratto e gli scatti di anzianità, un prelievo di 300 milioni di euro.
Il prossimo 28 ottobre, con gli altri sindacati, decideremo le iniziative da intraprendere.
Dobbiamo fare – ha aggiunto Di Menna – come in tutta Europa, dove ad eccezione della Svezia, la progressione economica tiene conto dell’anzianità di servizio.
Redazione

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