Istruzione italiana nel contesto Ue, ci salva la scuola d’infanzia

Il nostro sistema scolastico continua a funzionare molto bene per quel che riguarda la crescita e formazione iniziale. Poi, già alle medie, comincia a perdere colpi. Sino a figurare, alle superiori, tra i peggiori dell’area Ue. A confermarlo è stato un recente rapporto presentato dalla Commissione europea sui sistemi scolastici: prima di tutto va rilevato che malgrado l’obiettivo Ue sia quello di raggiungere nel 2020 almeno l’85% di giovani tra i 20 e i 24 anni con il possesso del diploma di istruzione superiore, l’Italia nel 2009 ha fatto registrare un calo (seppure lieve), da 76,5% di diplomati al 76,3%. Ancora peggio la tendenza sugli abbandoni, visto che l’auspicio del 10% rimane un miraggio: se è vero che nel 2000 nel nostro Paese lasciavano la scuola prematuramente il 25,2% dei giovani, è altrettanto vero che la discesa all’attuale 19,2% rimane non ancora soddisfacente. Anche perché peggio di noi fanno solo Portogallo e Spagna (31,2%), con Malta (36,8%) fanalino di coda. Per cambiare in meglio dovremmo prendere esempio dalle politiche anti-abbandoni adottate in Slovacchia (4,9%), Polonia (5,3%) e Repubblica Ceca (5,4%). Decisamente modesto anche il risultato raggiunto nella Penisola in fatto di formazione permanente: se nell’Unione la percentuale media è del 9,3%, in Italia siamo fermi al 6%. Ma l’unico comparto formativo dove siamo imbattibili è probabilmente quello della scuola d’infanzia, che riguarda i bambini tra i quattro ed i sei anni: in Italia viene frequentato dal 98,8%, contro la media Ue del 92,3% e l’obiettivo 2020 pari a 95%.

Alessandro Giuliani

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