Fa discutere l’intervista che Carlo Calenda ha rilasciato al Corriere della Sera.
In particolare lasciano perplessi le battute sulla scuola.
Dice il leader di Azione: “Tutti i ragazzi italiani di qualunque condizione sociale devono fare il liceo. Chi fa liceo e università risulta fra i migliori studenti d’Europa, chi fa studi tecnici è fra i reietti che non leggono un libro, non conoscono i poteri dello Stato. Gli studi professionali e tecnici devono essere rinviati a dopo”.
E, per chiarire ancora meglio il suo pensiero, aggiunge: “Prima, dobbiamo formare uomo e cittadino. In una società del benessere, fino a 18 anni, s’imparano arte, storia, musica, cultura, cose che daranno un vantaggio competitivo e che, soprattutto, eviteranno la frustrazione che deriva dall’essere incanalati verso una professione che, tanto, cambierà e senza avere altro mondo che non stare sui social e comprare cavolate”.
Abbiamo raccolto i pareri di due dirigenti scolastici molto noti in rete, Emanuele Contu, preside del professionale Puecher-Olivetti di Rho, ed Elisa Colella, del liceo classico Cutelli di Catania.
Dice Emanuele Contu: “Mi infastidisce il messaggio delle sue parole, a partire dall’idea che alcuni saperi siano più nobili di altri, che rendano più liberi il latino e la filosofia, rispetto all’informatica, alla chimica, alla meccanica e alla panificazione e mi infastidisce anche l’idea che certe intelligenze siano più significative di altre, per cui solo la scuola che privilegia le intelligenze inclini a maggiore astrazione possa assolvere al compito di rimuovere gli ostacoli tra la persona e la sua piena realizzazione nella vita”.
“Non mi piace neppure l’idea che alcuni percorsi di studio siano di per sé migliori di altri – afferma ancora Contu – idea che è esattamente la ragione per cui tanta parte della classe dirigente di questo Paese continua a girarsi dall’altra parte quando li si avvisa del fatto che l’istruzione tecnica e professionale non sono serie B e serie C, e che più lasciamo che queste scuole scivolino nel ghetto e più condanniamo all’insuccesso e all’infelicità quanti vi si iscrivono in cerca di un contesto capace di accoglierli, accompagnarli, valorizzarli nei loro infiniti talenti”.
“Invece di pensare al liceo per tutti – conclude il preside – impegniamoci alla scuola di qualità per tutti. Così sì che faremo qualcosa di equo”.
Dello stesso avviso è Elisa Colella, che è anche la responsabile della rete nazionale dei licei classici: “Sono del tutto d’accordo con Contu.
Secondo me nel nostro Paese i licei ‘più avanti’ sono gli istituti artistici, i licei coreutici, i licei musicali. Questo perché sono le uniche scuole che praticano gli insegnamenti individualizzati. Sono scuole che ‘prendono per mano’ gli studenti e li guidano cercando di potenziare le loro capacità. Non lavorano con un obiettivo unico, uniformante. D’altronde, per essere valorizzati, gli studenti non devono seguire un unico percorso”.
“Gli studenti – conclude Colella – devono avere la libertà di creare, realizzare e potenziare le proprie abilità secondo i propri tempi. L’idea che tutti debbano avere una formazione di tipo liceale è sbagliata: ogni studente deve poter seguire le proprie inclinazioni e i propri interessi”.
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