Istruzione primaria a tutti i bimbi del mondo: Italia maglia nera tra i Paesi donatori
L’Italia vanta un primato di cui avremmo sicuramente fatto a meno: è il Paese che destina meno risorse agli aiuti necessari per garantire l’istruzione primaria a tutti i bambini entro il 2015, come previsto dagli obiettivi del Millennio. Il primato alla rovescia emerge dal rapporto redatto da Save the Children e intitolato “Scuola, ultima della lista”, diffuso l’11 aprile alla vigilia del meeting annuale della Banca Mondiale, in programma il 14 aprile, e a due settimane dalla prima Conferenza dei Donatori sull‘Educazione per Tutti, che si svolgerà il 2 maggio.
Ecco i dati che riguardano il nostro Paese: dal 2003 al 2005, l’Italia ha occupato l’ultimo posto della lista dei Paesi donatori per gli aiuti all’istruzione primari. Tenendo come parametro la cifra di 9 miliardi di dollari necessaria a garantire educazione per tutti i bambini entro il 2015, l’Italia risulta aver versato appena il 3% di questa quota, con uno stanziamento di 15 milioni di dollari. Di questi fondi, circa il 57% è stata allocata ai Paesi a medio reddito, ma, a differenza di altre nazioni, ha riservato una quota significativa ai paesi in guerra, ovvero il 38%.
Dallo studio risulta anche che sono ben 77 milioni i bambini in tutto il mondo che non vanno a scuola. Di questi, 39 milioni vivono in uno dei 18 Paesi ancora in guerra o nei 10 stati considerati fragili e usciti da conflitti. Nel 2005 i Paesi donatori hanno assunto l’impegno di sostenere l’educazione primaria per 3 miliardi di dollari, per poi erogarne circa la metà. Uno stanziamento molto lontano dai 9 miliardi di dollari considerati necessari per raggiungere l’obiettivo dell’educazione per tutti i bambini entro il 2015.
Non mancano, comunque, anche mutamenti positivi: “le cifre più recenti sull’accesso all’istruzione primaria registrano una diminuzione del numero di bambini che non va a scuola, ma questi progressi riguardano i paesi più stabili e non quelli in guerra, dove la situazione resta drammatica”, ha detto Carlotta Sami, Direttore di Save the children Italia. Il problema è che nei Paesi più deboli c’è una diseguale distribuzione dei fondi: la quota stanziata sinora per gli stati più indietro in tutti i bisogni primari per la vita e fondamentali per il progresso, quindi anche l’istruzione, è stata infatti molto bassa rispetto al numero di bambini che non va a scuola. Sul totale degli stanziamenti per l’educazione, il 49% viene allocato ai paesi più stabili e di medio reddito, il 33% ai Paesi a basso reddito, mentre alle nazioni e ai bambini vittime di conflitti va uno scarso 18%. “Spesso i donatori sono riluttanti a impegnare fondi in stati che, a seguito di una guerra, possono avere delle istituzioni fragili e versare in una situazione di caos, disorganizzazione, assenza di piani strategici nel settore educativo – spiega ancora il Direttore dei Programmi di Save the Children Italia – tuttavia un donatore intraprendente e determinato può trovare strumenti e soluzioni in grado di ovviare a tali problemi. I paesi e i bambini che vivono il dramma della guerra debbono avere la priorità negli aiuti all’educazione perché sono quelli in uno stato di maggior bisogno”. Nelle sue conclusioni, Save the Children chiede ai paesi donatori di incrementare gli aiuti per l’educazione, di aumentare gli stanziamenti per arrivare ai 9 miliardi di dollari all’anno e che l’istruzione diventi parte rilevante e prioritaria delle politiche e degli interventi in contesti di emergenza: l’obiettivo è incrementare gli aiuti destinati all’istruzione in emergenza dall’attuale 1,1% a un minimo del 4,2% in linea con il fabbisogno richiesto. In particolare, al governo italiano l’organizzazione raccomanda di incrementare significativamente l’aiuto pubblico allo sviluppo, rispettando l’impegno di destinare lo 0,7% del Pil entro il 2010, e di incrementare gli aiuti all’educazione: una cifra annua che non dovrebbe essere lontana dai 467 milioni di dollari utili a garantire istruzione per tutti i bambini entro il 2015.
Dalle dichiarazioni il governo sembrerebbe aver accolto la richiesta: secondo il Viceministro degli Esteri con delega alla Cooperazione, Patrizia Sentinelli, “i dati presentati dal rapporto di Save the Children ci rammaricano ma non ci sorprendono, essendo il risultato dei tagli subiti dalla cooperazione in questi anni e che abbiamo già avuto modo di denunciare a più riprese. Il problema per questo governo – ha continuato il Viceminsitro – è di dimostrare, come ha fatto con l’ultima Finanziaria in cui si è previsto un aumento dei fondi destinati alla cooperazione, la volontà di invertire al più presto la rotta. Per questo siamo stimolati a cambiare registro, come abbiamo già iniziato a fare, e a lavorare per aumentare sia la quantità degli aiuti che la loro efficacia attraverso uno snellimento delle procedure d’intervento”. In quest’ottica il governo in questi giorni ha fatto da tramite per la stesura di un accordo tra l’associazione Ong italiane e Banca Etica, in cui si prevede che le Ong possano ottenere da Banca Etica le garanzie fideiussorie necessarie per accedere ai fondi per la ricostruzione del Libano: “si tratta del Paese – ha concluso Sentinelli -a cui, attraverso l`Unicef, abbiamo stanziato proprio pochi giorni fa altri 2 milioni di euro in favore dell`educazione, con un accordo di cooperazione che prevede il ripristino delle infrastrutture e dei servizi scolastici”.