In un articolo dal titolo “Scuola e povertà” Norberto Bottani scrive: “nelle università si sono formate generazioni di giovani insegnanti ai quali si sono fornite teorie confortanti per giustificare la scelta della professione e alle quali si è fatto credere che con un buon insegnamento si sarebbe sconfitta la miseria sociale. Ma ciò non è successo anche se si fa fatica ad ammetterlo. La povertà cresce, le disuguaglianze sociali pure, l’ingiustizia è palpabile nella società nonostante i congressi ed i convegni pedagogici che seminano la buona parola. La mondializzazione dell’istruzione scolastica aggrava il problema invece di ridurlo”.
A tal proposito si vogliono riportare due esempi contrapposti con cui la scuola si confronta con la povertà sociale.
Il primo esempio è tutto italiano, precisamente proviene dalle scuole materne ed elementari di una cittadina alle porte di Roma, dove il bando di aggiudicazione del servizio di refezione prevede due menù differenziati dalla presenza del dolce.
Infatti, i genitori saranno divisi a seconda di quanto potranno pagare alla mensa, che prevederà menu differenziati: completo con il dolce a 4, 44 euro o ridotto (senza dessert) a 4 euro. Quindi bambini che avranno il dolce e bambini che non lo avranno. Sempre in Italia il Ministero del lavoro e delle politiche sociali dice che nel complesso il nostro Paese spende per la lotta alla povertà in modo poco efficace e soprattutto in misura sensibilmente inferiore alla media dei paesi comunitari.
La forte caduta dei redditi delle famiglie italiane nell’attuale recessione e l’aumento preoccupante dei tassi di povertà, sia relativa che assoluta, di recentedocumentati dall’Istat, rendono ancor più urgente che in passato colmare questa lacuna del nostro ordinamento, al fine di portare le persone alla capacità di acquisto di un paniere di beni ritenuto decoroso in relazione agli stili di vita prevalenti.
Altra storia dalla Svizzera, dove molti bambini vivono in famiglie povere o a rischio di povertà. Le istituzioni svizzere sono consapevoli che questa situazione possa influenzare negativamente il loro sviluppo intellettuale, sociale, fisico e psichico, pregiudicandone le future opportunità di vita. Sanno che le ripercussioni si manifestano fin dall’inizio della scuola dell’obbligo. Pertanto le stesse autorità elvetiche riconoscono che per prevenire la povertà, sono necessarie misure specifiche volte a promuovere dalla più tenera età lo sviluppo dei bambini con premesse sfavorevoli. Questi studenti, infatti, riceveranno sostegno e stimoli per tutta la durata del periodo scolastico, mentre i loro genitori saranno aiutati a migliorare le proprie competenze educative. Quello svizzero è un buon modello “istruzione – povertà sociale“ da cui l’Italia potrebbe prendere spunto.