Istruzione liceale vs istruzione tecnica: la contrapposizione va avanti da decenni, anzi dovremmo dire da un secolo, perché risale addirittura alla riforma Gentile che, proprio in questo periodo, compie cent’anni di vita.
Il tema è sempre il solito: i licei, almeno nelle intenzioni, dovrebbero fornire una formazione culturale molto ampia e “utilizzabile” nei più diversi contesti; i tecnici, dal canto loro, offrono (o dovrebbero offrire) una preparazione più specifica ma più facilmente “spendibile” nel mondo del lavoro.
Anche se poi le cose vanno un po’ diversamente, soprattutto perché il “mercato del lavoro” funziona secondo regole proprie.
La stessa Presidente del Consiglio Giorgia Meloni lo ha rimarcato in queste ore affermando: “C’è difficoltà da parte delle aziende di trovare lavoratori qualificati. Si tratta di una questione culturale, come se l’istruzione tecnica fosse di serie B e per essere una persona di un certo livello si dovesse fare il liceo”.
Ma, quando parla del rilancio delle nostre eccellenze, la Presidente fa una affermazione che stride un po’ con le premesse e ricorda che per raggiungere l’obiettivo è stato istituito un percorso che “abbiamo chiamato liceo Made in Italy”.
La domanda sorge spontanea: ma se l’istruzione tecnica non è di serie B, perché mai il nuovo percorso è stato chiamato liceo?
Se poi torniamo alle dichiarazioni della sottosegretaria Paola Frassinetti all’indomani delle iscrizioni, la nostra confusione aumenta.
Parlando del liceo classico, in una intervista rilasciata alla Gazzetta del Mezzogiorno Frassinetti aveva detto: “È una scuola che prepara ad intraprendere ogni via, offrendo una solida base formativa e culturale. Purtroppo, i dati sulle iscrizioni per il prossimo anno scolastico evidenziano un calo di questa tipologia di scuola, soprattutto al Nord. Al Centro-Sud, invece, il Liceo Classico regge ancora. Per questo motivo, intendiamo proporre dei progetti per rimettere lo studio del latino nelle scuole secondarie inferiori. Non possiamo permettere che vada dispersa la tradizione di una scuola così importante, che ha formato intere generazioni di classe dirigente”.
Riassumendo: bisogna rilanciare l’istruzione tecnica perché non è un è una scuola di serie B, ma i nuovi percorsi del made in Italy è meglio chiamarli licei; evitando però che il glorioso liceo classico dove si traduce Erodoto e si dove si studia Cicerone perda alunni. Se poi già alle “medie” si inizia a tradurre un po’ di Giulio Cesare è ancora meglio.
Il programma è chiaro: tutto e il contrario di tutto, in modo da non scontentare nessuno, né i patiti del made in Italy come Lollobrigida né i gentiliani come Paola Frassinetti. Se poi si riesce anche a strizzare l’occhio a chi vorrebbe tornare alla vecchia scuola media degli anni ’50 (come Mastrocola e Ricolfi) si fa davvero “bingo”.
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