Anche l’Unione Europea si accoda ai tanti che rivendicano più soldi per gli insegnanti: lo fa con una lettera molto dura, indirizzata a chi governa le sorti dell’Istruzione in Italia, nella quale scrive che “la produttività tendenzialmente stagnante dell’Italia è dovuta alle debolezze del sistema di istruzione e formazione e alla scarsità della domanda di competenze elevate”.
Servirebbero, quindi, più “sforzi per attirare, assumere e motivare maggiormente gli insegnanti”. Il primo rimane quello degli stipendi adeguati, che invece “rimangono bassi rispetto agli standard internazionali e rispetto ai lavoratori con un titolo di istruzione terziaria. Le retribuzioni crescono più lentamente rispetto a quelle dei colleghi di altri paesi e le prospettive di carriera sono più limitate, basate su un percorso di carriera unico con promozioni esclusivamente in funzione dell’anzianità anziché del merito”.
Il risultato di questo processo, scrivono ancora gli economisti dell’Ue, è una “scarsissima attrattiva della professione di insegnante per le persone altamente qualificate e in un effetto disincentivante sul personale docente, che a sua volta ha un impatto negativo sui risultati di apprendimento degli studenti”.
Su questo punto, vale per tutte la denuncia di alcuni giorni fa della Gilda, secondo la quale “in 10 anni gli stipendi dei docenti italiani sono calati mediamente del 7% rispetto all’andamento dell’inflazione. Tradotto in altri termini, significa che dal 2007 a oggi le buste paga mensili si sono alleggerite di circa 170 euro lordi”.
È tutto dire, poi, che secondo la Ragioneria generale dello Stato, i livelli più bassi di retribuzione media complessiva dei dipendenti della Pa si registrano nella scuola: dove si è scesi da 29.307 euro complessivi del 2015 a 28.403 euro medi dell’anno 2016. Davanti alla scuola, si piazzano tutti gli altri comparti: dagli enti locali (29.081) ai ministeri (30.695); dai vigili del fuoco (32.430) ai dipendenti delle regioni a statuto speciale (35.494). Poi, tutti gli altri dipendenti, che guadagnano ancora di più.
Le cifre confronto con l’Europa parlano da sole: le ultime rilevazioni della Cisl Scuola ci dicono che il divario stipendiale dei docenti della primaria, inferiore alla media Ue di ben 2.770,95 euro all’anno (213,15 euro al mese per tredici mensilità). Poi ci sono realtà, alcuni Paesi del Nord Europa ma anche la Germania, dove il guadagno di un docente a fine carriera è praticamente raddoppiato.
Per Il Sole 24 Ore, tuttavia, le cose stanno un po’ diversamente: “i docenti italiani sono tanti (oltre 800mila, tra personale di ruolo e precari), a fronte di un numero di studenti in progressiva diminuzione. Intorno al 90% dell’intero bilancio del Miur è destinato a pagare il personale scolastico. Parliamo di più di 40 miliardi di euro. Gli insegnanti che non sono impegnati negli esami di Stato hanno tre mesi di vacanze in estate oltre ai “ponti” di Natale e Pasqua”.
Il fatto che l’opinione pubblica abbia in mente questa concezione errata dell’insegnamento in Italia può essere anche comprensibile: un po’ meno è giustificato quando a dirlo è il quotidiano economico più importante d’Italia, glissando sul fatto che gli impegni estivi costringono non pochi docenti a fruire di un numero di giorni di ferie addirittura inferiore a quello previsto dalla legge. Senza dimenticare, fatto non da poco, che stiamo parlando dell’una categoria in Italia costretta ad andare in ferie nello stesso periodo.
Ma c’è dell’altro: sempre ll Sole 24 Ore lamenta il fatto che “l’orario di lezione ancora oggi sia di 18 ore settimanali. Si ricorderà, nel 2012, quando l’ex ministro Francesco Profumo tentò di far portare l’asticella da 18 a 24 ore, scatenando subito proteste e manifestazioni in tutt’Italia (e quindi lasciò perdere)”.
“Questo per dire che se è certamente vero che le retribuzioni dei docenti italiani sono basse, e sarebbe quindi giusto innalzarle, ciò è reso difficile da altre “peculiarità” della professione, a cominciare dalla dimensione extra large della platea”.
A replicare al quotidiano economico è stata l’Anief. Prima sul merito, ricordando che ci sono “3 miliardi di euro che secondo la riforma dell’ultimo Governo Berlusconi si sarebbero dovuti assegnare proprio per premiare i docenti migliori e impegnati attivamente: questa possibilità non ha mai avuto seguito, ma la norma rimane sempre in vigore e quindi un Esecutivo serio e che tiene al bene della Scuola, dei suoi studenti e del personale che vi opera, ha il dovere di applicarla”.
“Anche perché quei soldi sono stati sottratti all’Istruzione pubblica, con l’azione spietata prodotta dall’allora Ministro ‘mani di forbice’ Giulio Tremonti, attraverso la cancellazione di un terzo degli istituti scolastici e di conseguenza dell’organico”.
Poi il sindacato autonomo sottolinea che l’esiguità degli stipendi assegnati ai docenti italiani “non trova giustificazione nemmeno nel numero di ore di insegnamento frontale, né nell’espletamento di funzioni correlate obbligatorie, come i collegi dei docenti, i consigli di classe, gli scrutini, i colloqui con i genitori, la preparazione e correzione dei compiti e tanto altro. Anzi, per dirla tutta, i docenti italiani svolgono più ore a settimana di lezione rispetto alla media europea. Dagli ultimi confronti internazionali risulta che il disavanzo esiste sia nella scuola primaria (22 contro 19,6) che nella secondaria superiore (18 contro 16,3). Solo alle medie il carico di ore è leggermente minore rispetto alla media del vecchio Continente”.
A fronte di un impegno di ore similare, dall’ultimo rapporto Eurodyce risulta però che solo i docenti di Slovacchia e Grecia percepiscono salari inferiori a quelle dei nostri docenti. E durante la carriera la forbice si allarga: in Francia, ad esempio, i maestri della primaria appena assunti percepiscono quanto i colleghi italiani (tra le 22mila e le 23mila euro lorde); peccato che quando vanno in pensione i francesi prendendo oltre 10mila euro in più (44.500 euro contro 33.700 euro). Alle superiori in Italia non si va oltre i 38.745 euro, mentre chi svolge la stessa professione in Germania sfiora i 64mila euro. E pure in Spagna arriva a 48mila euro, quindi 10mila in più. Molto avanti sono pure gli insegnanti belgi (63mila euro) e austriaci, che superano i 65mila euro.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “in Italia si continua a parlare di merito quando si fa fatica a recuperare gli 8 punti di ritardo stipendiale rispetto all’inflazione, accumulati tra il 2007 e il 2015, proprio mentre i contratti dei privati assicuravano stipendi sopra il costo della vita”.
“Di carriera, alla quale fa riferimento l’UE, da noi nemmeno se ne parla, quando sarebbe più che opportuno dare la possibilità a chi ha insegnato 20-25 anni di diventare tutor dei nuovi docenti, sganciandoli dalle lezioni frontali e mettendo a disposizione la propria esperienza verso chi si avvicina alla professione”.
“Non siamo invece d’accordo con Bruxelles, invece, quando dice che i cittadini più qualificati non lavorano nella scuola: noi, che giriamo per gli istituti di tutta Italia per svolgere assemblee ed incontri sindacali, possiamo assicurare che nella scuola italiana operano persone molto preparate e valide, che fanno questa professione perché è nel loro Dna. Anche a costo di guadagnare meno”, conclude il sindacalista.
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