Per l’Ocse dunque, come abbiamo già detto altrove, l’Italia ha una pagella costellata da insufficienze e dunque da bocciare, anche se vengono segnalati dei lievi progressi, come quello relativo alle donne laureate: una su quattro infatti, tra i 25 e i 34 anni, è in possesso del titolo accademico contro 1 su 6 degli uomini. Un sorpasso dunque significativo,ma che non può incoraggiare, vista la scarsa percentuale degli uomini laureati.
Il rapporto, che esamina tutti i 34 Paesi avanzati che aderiscono all`Ocse, mette in chiaro il pesante stato della nostra istruzione e i problemi che gravitano ancora sul sistema scolastico italiano da oltre 15 anni.
Dunque la nostra Nazione sta ancora una volta in fondo alla classifica per le risorse dedicate all`istruzione per la quale viene investito solo il 4,7% del Pil e tra il 2008 e il 2010, governo Berlusconi con dicastero Miur affidato a Gelmini, la spesa è stata tagliata del 7%.
Ma lo studio ha pure evidenziato la penuria di laureati rispetto agli altri Paesi e sull`emergere di una crescente disaffezione verso l`istruzione universitaria che non pare più offrire adeguate opportunità di lavoro e stipendio.
Ma il nodo attorno a cui nessuno a quanto pare vuole riflettere si avvince nell’età del corpo docente, che è il più anziano dell`area Ocse, in omaggio pure alla legge Fornero sulle pensioni, e il peggio pagato rispetto agli altri Paesi.
Senza risposta del tutto poi l`elevata percentuale di giovani che non studia nè lavora, i cosiddetti Neet, pari al 23%, una delle maggiori dell`area Ocse.
Un dato positivo, oltre a quello che si riferisce alle donne con laurea, è però il miglioramento nei risultati di apprendimento degli studenti quindicenni che, nonostante i tagli, sono migliorati in matematica e in scienze. Il che porta l`Ocse a dire che “il sistema sembra essersi diretto verso una migliore efficienza dell`uso delle risorse”. Che è affermazione di doppia importanza e un omaggio alla categoria bistrattata dei docenti. infatti costoro, se da un lato subiscono i mancati aumenti dal 2009, il congelamento del contratto, l’aumento del carico orario, le classi sovraffollate, la carenza di strutture con edifici cadenti, dall’altro continuano nell’opera missionaria di sollevare le sorti dei loro alunni.
Ma si può pure collegare questo miglioramento del rendimento degli alunni al cambio di strategia didattica dei nostri prof i quali, capendo che un test fa la differenza, fanno esercitare i ragazzi al loro uso, come si fa in Europa, deprimendo magari altre attività che però non rendono giustizia del loro operato, attirandosi, come è già avvenuto nel passato, le ire di soloni del merito.
Contestualmente, dopo le dichiarazioni della senatrice Puglisi, del segretario Uil, Di Menna, anche Valeria Fedeli, Vicepresidente Pd del Senato, dice: “I dati resi noti oggi dal Censis sono sconcertanti. Nel 2012 solo il 13,8% degli italiani risultava laureato. In Europa siamo battuti in negativo solo dalla Romania dove i non laureati arrivano al 13,6%. Svezia, Regno Unito e Finlandia, ne hanno il triplo. Tra il 2010 e il 2012 c’è stato un incremento minimo dello 0,8%.
Non va meglio se ci si confronta con i dati sulla lettura dei libri: nel 2005 il 57,7% degli italiani non leggeva nemmeno un libro all’anno, va meglio ma di poco nel 2012 con un incremento della lettura del 3,7%. Risultiamo, insomma, agli ultimi posti per cultura e istruzione ma siamo terzi per l’uso di medicina estetica! Più che mai è necessario contrastare un degrado che porta al continuo svilimento del nostro patrimonio culturale e del valore dell’istruzione per le persone.
L’investimento prioritario per il Paese è nella scuola, è attraverso di esso, infatti, che passa la costruzione della nostra identità migliore. Di giorno in giorno assistiamo alla chiusura di giornali, cinema e teatri rendendo sempre meno usufruibili queste opportunità mentre giovani, e meno giovani, sempre secondo i dati Censis, passano la maggior parte del loro tempo davanti a videogiochi o giochi online”.
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