L’Italia continua mantenere non solo il record dei Neet, quindi dei giovani tra 15 e 29 anni che non studiano e non lavorano, un alto numero di abbandoni scolastici prima di conseguire il titolo, ma anche quello del secondo peggior Paese dell’Unione europea per numero di laureati: secondo i dati diffusi da Eurostat, la quota di “dottori” registrata nel 2020 si ferma infatti al 29%, nella fascia di età compresa tra i 25 e i 34 anni. Peggio dell’Italia fa solo la Romania, che si attesta al 25% di laureati complessivi.
La percentuale italiana risulta dunque molto lontana dalla media europea e dall’ultimo recente obiettivo che Bruxelles si è prefissato: far salire al 45% entro il 2030 la media dei giovani che ha completato l’istruzione accademica.
Una tendenza, quella di lasciare gli studi prima del tempo, che si materializza quindi non solo a livello di scuola secondaria, in particolare nel biennio iniziale delle superiori, ma che trova spazio anche negli atenei, soprattutto nelle facoltà scientifiche.
È tutto dire che diversi paesi europei detengono un numero di laureati praticamente doppio rispetto al nostro.
In testa alla classifica europea stilata in base alle quote dei laureati registrate nei singoli Paesi c’è Lussemburgo (61%), seguito da Irlanda e Cipro (entrambi 58%), Lituania (56%) e Paesi Bassi (52%). Questi Paesi, insieme a Belgio, Danimarca, Spagna, Francia, Slovenia e Svezia, hanno quindi raggiunto in anticipo l’obiettivo Ue.
Considerando l’intera popolazione dell’Unione europea, nel 2020 il 41% dei cittadini di età compresa tra 25 e 34 anni aveva completato l’istruzione universitaria nell’Ue.
Va sottolineato che le quota delle laureate (46%) è risultata decisamente superiore a quella degli uomini (35%).
Un divario di genere, ha scritto ancora Eurostat, sembrerebbe aumentato nel tempo: da 9,4 punti percentuali registrati nel 2011 a 10,8 nel 2020. La quota di uomini laureati è infatti cresciuta negli ultimi dieci anni, ma ad un ritmo più lento rispetto a quello delle donne.
Intervistata da Sky Tg 24, la ministra dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa ha detto che “l’Italia ha il dovere di invertire la tendenza rispetto al basso numero di laureati. Si tratta di un percorso lento e progressivo che dobbiamo iniziare a fare immediatamente”.
“Ci sono due azioni – ha aggiunto – che dobbiamo mettere in campo subito. La prima è quella di ampliare il numero di studenti e l’offerta formativa degli atenei, aiutando le famiglie che non hanno mezzi sufficienti per far studiare i propri figli. La seconda azione è quella di legare di più l’aspetto formativo con il mondo del lavoro”.
“Leggo spesso che l’industria ha bisogno di una serie di competenze e di posizioni lavorative ma spesso restano senza candidature valide”, ha concluso Messa.
I dati Eurostat hanno anche messo in evidenza come in Europa sia aumentata negli anni la percentuale di chi ha terminato con successo gli studi universitari (con crescita però modesta in Italia).
Complessivamente, nell’Ue i laureati di età compresa tra 25 e 54 anni sono risultati essere mediamente il 36%, mentre quelli tra 55 e 74 anni si fermano al 22%.
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