“Italiani”, “Italiani-Siciliani” e “Italiani-Napoletani”: è quanto trovano scritto le nostre famiglie sui moduli d’iscrizione on line da alcune circoscrizioni scolastiche britanniche.
I moduli, presenti in Inghilterra e Galles, contemplano quindi la distinzione etnico-linguistica riservata ai bambini provenienti dall’Italia.
La distinzione ha provocato reazioni seccate da parte delle famiglie italiane e innescato una pungente nota di protesta verbale dell’ambasciata d’Italia nel Regno Unito: “Siamo uniti dal 1861”, fa presente al Foreign Office l’ambasciatore Pasquale Terracciano, lasciando trasparire un’evidente punta di sarcasmo dietro il rispetto delle forme codificate della diplomazia.
Il racconto dei genitori, invece, rimbalzato su un paio di media in Italia, ha indotto a compiere subito una verifica. Così si è scoperto che era tutto autentico. Nessuno scherzo, nessun equivoco. “Si tratta di iniziative locali – dice all’Ansa l’ambasciatore Terracciano – motivate probabilmente dall’intenzione d’identificare inesistenti esigenze linguistiche particolari” e garantire un ipotetico sostegno.
“Ma di buone intenzioni – aggiunge – è lastricata la strada dell’inferno”: specie quando diventano “involontariamente discriminatorie, oltre che offensive per i meridionali”.
Di qui la decisione di un passo ufficiale attraverso la nota al Foreign Office, il ministero degli Esteri di Sua Maesta’, nella quale si chiede “l’immediata rimozione” di questa indebita caratterizzazione pseudo-etnica, che nulla ha a che fare con l’importanza dei genuini connotati regionali o dei dialetti italiani. E si conclude ricordando appunto come “l’Italia sia dal 17 marzo 1861 un Paese unificato”.
L’episodio s’inquadra in una stagione delicata per la Gran Bretagna, alle prese con la prospettiva della Brexit, il divorzio dall’Ue, in un clima nel quale su temi come il flusso dei migranti o l’apertura agli stranieri non sono mancate fibrillazioni ne’ eccessi: nella società come nella politica.
Un clima che a livello locale, nota Terracciano, si riflette anche “nella grave carenza di conoscenza della realtà italiana”, di fatto nell’ignoranza diffusa su altri Paesi, che questa vicenda testimonia. Riproponendo, come in una sgangherata macchina del tempo, “una visione tardo ottocentesca della nostra immigrazione”.
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