Proprio così! Tra mille progetti, in mezzo ad eventi e festival d’ogni genere, la scuola ha smarrito una delle trasmissioni più incisive per una sana e robusta costituzione (sociale): quella del conto e del rac-conto.
Bisogna iniziare a nuotare là dove i piedi toccano, prima di dirigersi al largo, per evitare di navigare a vista: sovraccaricare la saccoccia dei ragazzi con attività promozionali fa solo pubblicità, contenuti ben pochi! Intanto, parto dalla lingua: senza alcuna ostentazione di neopurismo ritengo doverosa una maggiore riacquisizione lessicale del nostro linguaggio.
“Abilità” suona meglio di “skill”, “schermo” ha più poesia di “display”, perché di dantesca tradizione: preferisco “incontro” a “meeting”, “discorso” al posto di “speech”, “personale” invece di “staff”.
Nulla togliendo ai prestiti comunitari (d’altronde i fenomeni di import/export sono fisiologici nell’economia linguistica, chi può negarlo!), credo fortemente che la nostra lingua italiana sia quella “base” di padronanza per poter essere “all’altezza” di qualunque altro linguaggio.
Rimettiamo in riga allora le nostre parole, ripristinando quella sintassi che è sia dell’italiano che della matematica: un maggiore rigore eviterebbe l’approssimazione, che è già in atto, senza fingercelo! Mi vien da pensare sulla scia di Bauman che “un fallimento sociale è sempre un fallimento di comunicazione”: come volevasi dimostrare, avrebbe chiosato oggi il buon Euclide, nel novero di un altro “Ei fu” a buona memoria. Pertanto, più italiano e matematica per tutti! I numeri della bravura sono i veri talenti, non i talentuosi!
Francesco Polopoli
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