Da tempo il ministero dell’Istruzione è in mano ad incompetenti che tagliano le ore di Italiano a scuola.
Non ci meravigliamo se improvvisamente alcuni professori, di alto livello, scoprono che i giovani italiani non sanno scrivere senza fare errori grossolani, in fondo tanti sono i figli di persone che a loro volta sono analfabeti funzionali, a scuola sono stati promossi in modo facile perché si dovevano rimpinguare le “classi pollaio” volute dal MIUR, la tv propina di continuo presentatori e giornalisti di un’ignoranza spaventosa che non sanno parlare l’italiano, e, infine, i giovani sono stati fortemente invogliati all’uso della tecnologia e di internet per volere di quegli stessi politici italiani tra i quali l’ignoranza, la sciatteria verbale, la spiritosaggine di basso livello e la volgarità, regnano sovrane.
Non sorvoliamo nemmeno sui vari blog, giornali on line e siti internet pieni di errori che si trovano in rete, non si capisce nemmeno il perché alcuni giornalisti non si diano la pena di correggere quello che scrivono, e tutto rimane immortalato nell’etere per sempre, anche gli strafalcioni!
Come dice in un suo articolo E.Galli della Loggia “la crisi della scuola è sistemica e chiama in causa anche la società nel suo sviluppo storico, sociale ed economico e il sistema scolastico è stato abbandonato dalla politica, a tutto vantaggio della tecnica e del nuovo verbo declinato nell’autonomia.”
Per dirla tutta, chi va a informarsi sul nuovo PSND del MIUR, si accorge subito che quello che viene chiesto agli studenti è di stare a stretto contatto con strumenti telematici, lavagna elettronica, tablet, computer, ma mai con i libri.
I libri, invece, sono l’unico strumento che uno studente dovrebbe imparare a consultare, sia perché pretendono attenzione alle parole per capirne il significato, e sia perché sono ancora scritti, per fortuna, quasi sempre in un italiano corretto. Insomma per scrivere bene in italiano e senza errori bisogna leggere i libri e non certo internet, dove tutto scorre e tutto si perdona in nome di una velocità e di una sintesi che non hanno valore culturale. La cultura è intrisa di attenzione all’uso di un linguaggio corretto e bisogna che i giovani si abituino a comprendere e ad usare il linguaggio corretto per ogni occasione.
Se c’è una cosa sicura è che l’uso costante del digitale, come impone il Governo italiano nelle scuole, non può bastare a chi ha bisogno di apprendere le basi della cultura.
La scuola degli ultimi decenni è stata indotta in errore con la riduzione di ore dedicate alle competenze culturali di base e le ultime novità non vanno certo nella giusta direzione. Insegnare, sin dalla scuola Primaria a scrivere sui tablet e sui computer, con strumenti di autocorrezione impersonale, impone agli studenti una superficialità attentiva che difficilmente potranno superare in futuro. Quelle ore che anni fa si passavano, a scuola e a casa, a studiare la grammatica e a fare esercizi sul quaderno, servivano a rendersi conto delle difficoltà che presenta la lingua italiana e a cercare di superarle di fronte ad un eventuale dubbio di composizione scritta. Oggi nessuno ha dubbi di grammatica, sintassi e ortografia quando scrive, anche perché non ha idea di quale sia la “regola” che dovrebbe applicare, ma che sconosce del tutto.
Adesso un gruppo di docenti universitari di Firenze chiedono al ministro dell’Istruzione e al Governo una maggiore attenzione alle competenze linguistiche di base, in modo da arginare il problema, lampante, che gli studenti arrivano all’Università e fanno errori madornali nella scrittura.
Ma allo stesso Ministro e allo stesso Governo dovrebbero chiedere anche il perché è stato deciso che non ci debbano più essere bocciature nella scuola Primaria e nemmeno nella Secondaria di Primo grado, se non in casi del tutto eccezionali. Non sono quelli gli anni di scuola più importanti per imparare le basi della lettura e della scrittura? E con quale criterio è stato deciso che gli esami di Maturità dovranno essere ridotti a sole due prove semplificate, e ancora, come mai si parla di ridurre di un anno i Licei?
Tutte le ultime disposizioni ministeriali sono indirizzate a preparare i giovani al mondo del lavoro, e ignorano volutamente l’attenzione alla formazione di una cultura che potrebbe, invece, dare gli strumenti non soltanto per il lavoro ma anche per la dignità della persona.
Quello che ci chiediamo, invece noi docenti della scuola italiana, è a cosa porterà la nuova istruzione sempre di più basata sulla didattica tecnologica, nella quale si parte dai software e dal coding e non si arriva quasi mai a leggere i libri. Un tale tipo di formazione, pedagogicamente scorretta, finirà per provocare la crisi totale dei valori culturali della scuola italiana.
La soluzione potrebbe essere il ritorno graduale a programmi scolastici attenti non solo al “saper fare” ma anche al “sapere” come bagaglio culturale. I pochi libri scolastici, oggi sono troppo dispersivi, mancano testi dove si spiega l’importanza dello studio e il valore della creatività. Ci sembra indispensabile che la scuola sia programmata anche verso una maggiore richiesta di disciplina nelle verifiche, di attenzione ai compiti assegnati, alle valutazioni aderenti al merito degli alunni, fino ad arrivare, a volte, ad una bocciatura, se meritata. Quella bocciatura, in Italiano, che anche grandi scrittori del passato hanno subito e che ha permesso loro di sconfiggere le difficoltà grammaticali e di scrivere poi delle opere importanti.
Non per ultimo, è possibile che la richiesta istituzionale agli studenti di un impegno costante e maggiore nello studio, senza l’aiuto di troppe distrazioni tecnologiche, potrebbe aiutare a diminuire il penoso problema del bullismo a scuola, infatti i social, per paradosso, condannano i giovani alla solitudine, da questo il proliferare del bullismo da una parte e dell’insicurezza delle vittime dall’altra parte…
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