Tanti occupati ma pochi studenti: è ciò che sta succedendo negli Its, Istituti tecnici superiori .
Infatti l’ultimo rapporto Education at a glance 2019 attribuisce agli Its un tasso di occupazione dell’82% nella classe 25-64 anni ma gli studenti frequentanti sono appena l’1,7% di tutti gli iscritti a un corso di studi terziario. Contro l’86% registrato dalle lauree di primo livello e il 12% di quelle di secondo livello, che possono vantare un ritorno occupazionale analogo (83% per le magistrali) o addirittura inferiore (73% per le triennali).
Inoltre, scrive Il Sole 24 Ore, il contributo pubblico, statale e locale, per l’intero sistema Its, ha cubato, nel 2018, circa 60 milioni di euro (di cui 38 di provenienza regionale); il Fondo di finanziamento ordinario delle università – che pure esce da un decennio di tagli – arriva a 7,4 miliardi.
Confindustria ha spesso quantificato in almeno 20mila unità il fabbisogno annuo di diplomati Its che servirebbe alle imprese, mentre l’ultimo monitoraggio dell’Indire calcola all’80% un lavoro a un anno dal titolo, con un tasso di coerenza del 90% tra percorso di studi e impiego svolto.
Da Nord a Sud non mancano casi di eccellenza, spesso legati al 4.0, con un tasso di occupazione che arriva addirittura a sfiorare il 100 per cento.
Il loro successo occupazionale, sempre secondo Il Sole 24 Ore, è legato a due fattori. Il primo, è che questi istituti si collegano a un reale bisogno delle aziende. Il secondo, è che formano le persone direttamente per un “mestiere”. I docenti che provengono dal mondo del lavoro sono infatti il 70% e in stage si fa il 42% delle ore totali. Quasi il 40%, poi, dei partner degli Its, sono imprenditori che assumono o fanno assumere i ragazzi che specializzano. La stragrande maggioranza dei contratti firmati sono stabili: tempo indeterminato o apprendistato.
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