Nel Belpaese si susseguono le riforme legate al PNRR, che prevede un dispendio di pacchetti finanziari con associati interventi strutturali efficaci mai visti nella recente storia repubblicana, facenti riferimento a transizione ecologica, università, ricerca e d istruzione nel suo complesso. Questa, per percorsi e direttive, successivamente al conseguimento del diploma di maturità attraverso l’Esame di Stato, resta consuetamente articolata in seguito con i corsi universitari triennali, a ciclo unico e magistrali. Nella retorica comune, sembrano non figurare alternative all’università o all’inserimento – drammatico e traumatico – nel mondo del lavoro alla ricerca ora più che mai di competenze e conoscenze specifiche. Gli ITS, sconosciuti ad una buona parte dei diplomati, mirano all’acquisizione di abilità e nozioni suddivisi per settore e somministrate con corsi gratuiti, esattamente come le scuole superiori, con il finale ottenimento di un diploma tecnico – professionale. La recente riforma degli ITS, proposta dal Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi e votata all’unanimità dall’esecutivo in carica, prevede una maggiore concentrazione delle nuove Academies sulle discipline tecniche e professionali come garantito da decreto, cercando di piegarsi alle nuove esigenze del mercato del lavoro secondo gli standard europei. Per tale appunto, come sono concepiti gli ITS nel resto del Vecchio Continente?
Il sistema di continuità professionale e tecnica più appetibile e coerente con le esigenze del tessuto economico locale, a livello europeo, è quello tedesco, che prevede una tale molteplicità di corsi ed attività, laboratori tecnologici modellati sulle necessità di un mercato continuamente in movimento e fluttuazione. I ragazzi, una volta conclusa la scuola superiore, hanno la possibilità di iscriversi presso un corso universitario o di optare per tre percorsi erogati da istituti analoghi agli ITS del Belpaese: Il Fachhochschule, Berufsakademie e Fachschule. Il primo fa riferimento ad un sistema di formazione terziaria professionalizzante della durata di 3-4 anni di cui due anni di tirocinio svolti presso un’impresa accreditata all’istituto. Questi percorsi immettono nel mercato del lavoro assistenti ingegneri, chimici ed elettromeccanici, richiesti presso le grandi aziende artigianali. I Berufsakamie si differenziano dalle fachhochschule in quanto puntano ancora di più sull’apprendimento tecno-pratico che costituisce il 50% del percorso formativo erogato. Le Fachschule, nella fattispecie, si collocano ad un livello intermedio tra il diploma finale di apprendistato e i titoli superiori-universitari. Con questi percorsi si può accedere a quadri professionali intermedi o al Fachhoschule. Ogni anno questa tipologia di percorsi sono erogati a 900.000 studenti.
Appena conseguito l’ambito e assai temuto Baccalaureat, corrispondente alla maturità nostrana, gli studenti, oltre all’arcinoto percorso universitario, hanno l’opportunità di optare per l’inserimento nel mondo del lavoro attraverso i corsi offerti dalle sezioni di tecnici superiori (STS) e dall’istituto universitario tecnologico (IUT). Per il biennio 2018/2019 il 15 % della popolazione studentesca frequentante i corsi superiori era iscritta presso IUT e STS, pari a 315.000 unità. Per i primi citati figurano dei percorsi frutto di accordi tra istituto ed aziende di settore, pari a 88 tipologie di corsi erogati. Sono state pubblicate di recente statistiche molto buone relative all’occupazione, pari, in alcuni casi, al 33 %: numerosi sono gli studenti che, frequentato un corso di formazione e svolto un tirocinio, si ritrovano con un contratto di lavoro, il più delle volte stabile. Anche le IUT sopracitate sono orientate all’inserimento professionale ma forniscono una formazione più teorica che consente l’accesso diretto ad un corso di laurea triennale. Questi istituti, al momento, offrono 25 tipologie corsi di formazione professionalizzanti.
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