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Ius scholae, il centro destra dice no anche per i bambini nati in Italia che frequentano le nostre scuole e parlano i nostri dialetti

In campagna elettorale, a dividere in modo netto la coalizione di centro destra dalle altre c’è la questione dello Ius scholae, il provvedimento con il quale si vorrebbe regolarizzare la posizione di molti bambini stranieri presenti nelle nostre scuole (la questione interesserebbe circa 850mila alunni), dando loro la possibilità di ottenere la cittadinanza italiana. Sebbene Forza Italia (nella persona della responsabile scuola, Valentina Aprea) non si sia espressa sul tema, Fratelli d’Italia e Lega remano contro. Come argomentano il proprio no?

“L’Italia è il Paese che concede più cittadinanze tra tutti i Paesi europei – esordisce Mario Pittoni, responsabile scuola della Lega durante la diretta di Tecnica della Scuola Live -. La scelta di concederla a 18 anni deriva dal fatto che a 18 una persona raggiunge la maturità e può fare una scelta valutata correttamente. Il rischio è che la situazione possa degenerare e che si attivino quei business di cui siamo tutti vittime”. E devia sul tema delle migrazioni: “I messaggi del nostro Paese devono essere chiari. Quando governa il centro destra, si dice: attenzione, prima di rischiare la vita per venire in Italia, valutate bene la cosa perché sarà difficile trovarvi una sistemazione dignitosa sul nostro territorio, è un fatto oggettivo, è complicato per i cittadini italiani, figuriamoci per chi viene dall’estero. Quando governa la sinistra i messaggi vanno in direzione diametralmente opposta: si illude la gente che in Italia si possa trovare chissà quale futuro, e invece il futuro lo si trova nell’ambito del commercio della droga”.

Gabriele Toccafondi (Italia Viva) si inalbera sul tema, contestando le parole del leghista: “Sono ragazzi che frequentano le nostre scuole, cosa vuole sostenere, che anziché venire a scuola se ne vanno a spacciare?”

E prosegue: “Questi ragazzi frequentano le nostre scuole. Peraltro si tratterà di una richiesta volontaria: chi non vuole integrarsi non richiederà la cittadinanza. Ma è sano realismo: chi frequenta le aule scolastiche sa che questi ragazzi fanno un percorso come tutti gli altri e spesso neanche si distinguono dagli altri, parlano persino il nostro dialetto”.

Anche Ella Bucalo, deputata di Fratelli d’Italia è dello stesso parere di Mario Pittoni: “Questo è un argomento particolare ed è giusto che si ritorni a sedersi al tavolo, per valutare se c’è una possibilità di discussione”. E a titolo personale dichiara: “Il ragazzo deve dimostrare di avere frequentato le nostre scuole e deve garantire il profitto e la frequenza”.

Il nostro direttore Alessandro Giuliani puntualizza: “Nelle scuole medie e superiori abbiamo già un obbligo di frequenza per almeno il 75%, la normativa già lo prevede. Se il ragazzo è promosso perché negargli la cittadinanza?”

“C’è molta dispersione scolastica nelle nostre scuole, non è detto che frequentino davvero,” difende la propria posizione, Ella Bucalo.

“Ma parliamo dei promossi, non dei ragazzi che perdiamo per la dispersione scolastica,” precisa Alessandro Giuliani.

Ma la deputata chiude secca: “Per me l’obbligo deve essere a 18 anni, il ragazzo deve avere una maturità tale da fare una scelta consapevole”.

Ius scholae: a quali condizioni?

  • tali piccoli alunni devono essere entrati in Italia entro i 12 anni di età;
  • devono avere risieduto legalmente e senza interruzioni nel nostro Paese;
  • devono aver frequentato regolarmente, per almeno cinque anni, nel territorio nazionale, uno o più cicli presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione oppure percorsi di istruzione e formazione triennale o quadriennale idonei al conseguimento di una qualifica professionale;
  • i genitori del minore dovranno essere entrambi residenti in Italia e dovranno rendere una dichiarazione di volontà entro il compimento della maggiore età del figlio o della figlia.
Carla Virzì

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