Raffaella Milano, responsabile di Save the Children, in un’intervista a Repubblica sottolinea l’urgenza di una riforma della cittadinanza che rispecchi la realtà attuale del Paese. La normativa vigente, ormai datata di 30 anni, non rispecchia più la società italiana, specialmente nelle scuole dove oltre il 10% degli studenti è costituito da ragazzi e ragazze di origine straniera. Questi giovani si sentono italiani, tifano per l’Italia e cantano l’inno nazionale, ma scoprono di non essere cittadini italiani quando devono partecipare a eventi scolastici o competizioni sportive.
Milano evidenzia come la mancanza di cittadinanza influisca profondamente sull’identità di questi giovani, minando il loro senso di appartenenza alla comunità e influenzando negativamente le loro aspirazioni. Secondo una recente ricerca, il 35% degli adolescenti di origine italiana pensa di lasciare il Paese per il proprio futuro, ma tra i giovani di seconda generazione questo dato sale al 60%. Questo fenomeno rappresenta una forma di “fuga di cervelli” che rischia di impoverire ulteriormente l’Italia.
La distribuzione territoriale dei minori stranieri non è uniforme: la maggioranza risiede nelle regioni del Nord (65,2%), seguita dal Centro (23,3%) e dal Sud (11,5%). Inoltre, il 65,4% degli adolescenti di origine straniera è nato in Italia, una percentuale che sale all’81% tra i bambini delle scuole dell’infanzia. Questi dati evidenziano l’importanza di riconoscere e valorizzare questo “patrimonio umano”, altrimenti destinato a disperdersi.
Secondo la responsabile, l’opinione pubblica non è così divisa sulla necessità di una riforma della cittadinanza come potrebbe sembrare dalla politica. Save the Children ha lanciato una petizione affinché il tema torni ad essere discusso in Parlamento. Tuttavia, Milano esprime una certa preoccupazione: nonostante il riaccendersi del dibattito, spesso le discussioni si sono arenate di fronte a priorità politiche ritenute più urgenti.
In merito alla scelta tra ius soli e ius scholae, l’esperta sostiene la necessità di trovare una convergenza, senza preclusioni su quale modello adottare. Un accordo sullo ius scholae sarebbe un primo passo importante. Nonostante lo scetticismo e la cautela diffusa, Milano esorta a prendere sul serio l’attuale apertura del dibattito, con la speranza che non si tratti solo di un’altra fiammata estiva che svanirà senza risultati concreti.
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