Nella giornata di martedì 28 giugno, la Commissione Affari Costituzionali della Camera ha concluso l’esame della riforma della legge sulla cittadinanza.
“Finalmente si va in aula – ha dichiarato il presidente della Commissione Giuseppe Brescia (M5S) – per iniziare a saldare un debito con migliaia di ragazzi che si sentono italiani, ma che non sono riconosciuti come tali dallo Stato. Lo ius scholae è una risposta pragmatica e semplice a una richiesta di cambiamento diffusa. Non toglie nulla a nessuno, ma aggiunge e crea le condizioni per una società più inclusiva e giusta. Valorizza il ruolo della scuola e dei nostri insegnanti e tiene insieme diritti e doveri”.
“Il provvedimento – spiega una nota dell’Ansa – punta a riconoscere il ruolo della scuola consentendo a quasi un milione di under 18 (nati in Italia o arrivati entro i 12 anni) la possibilità di chiedere la cittadinanza italiana dopo aver frequentato almeno 5 anni di scuola”.
Per la verità, però, in Commissione la maggioranza si è mostrata divisa: si sono espressi a favore M5S e Pd, Leu e Italia Viva, mentre Lega e FdI hanno mantenuta una posizione contraria.
Per il partito di Giorgia Meloni si tratta di uno “ius soli mascherato” mentre Matteo Salvini fa rilevare che nel testo voluto da Pd e M5S “la manifestazione di volontà è dei genitori stranieri e non dei ragazzi”; secondo il leader della Lega “il minore non è neppure ascoltato o considerato ma diventa uno strumento per un lasciapassare alla cittadinanza facile”.
Apprezzamento per l’iniziativa di legge è stato espresso in queste ore dall’assessora alle Politiche Sociali e alla Salute di Roma, Barbara Funari: “La Capitale è pronta a dire sì e a stare dalla parte giusta della storia. Abbiamo tanti bambini e cittadini che sono già romani e aspettano solo il riconoscimento legislativo. Nella Capitale sono più del 13% i minori residenti in attesa della cittadinanza. La norma deve essere approvata al più presto e come Comune ci impegniamo ad applicarla nel modo migliore possibile”.