‘Ius soli’, per il ministro Kyenge tutti i nuovi nati hanno cittadinanza europea

In Italia il processo di ammodernamento verso il riconoscimento dei diritti civili passa per una nuova cittadinanza, che non sarà più solo italiana ma di respiro europeo. È questo il pensiero del ministro per l’integrazione, Cecile Kyenge, sulla questione dello ius soli.
“Bisogna parlare di una nuova cittadinanza, una cittadinanza europea”, ha detto il ministro intervenendo il 6 agosto a ‘Unomattina’. Per poi aggiungere: “ho cominciato il mio mandato con due parole: ius soli. Ho ricevuto molte lettere di bambini che mi scrivono per raccontarmi come vivono con altri bambini. Un bambino (figlio di genitori stranieri ndr) che nasce in Italia nasce nello stesso ospedale, lo stesso giorno di tanti bambini italiani; quindi cominciano un percorso insieme, frequenteranno le stesse scuole, le stesse palestre. Solo che appartengono a famiglie diverse. Da qui la possibilità di richiedere la cittadinanza. Diversamente dai genitori, i quali, arrivando da un altro paese, avranno bisogno di strumenti e di un percorso per integrarsi”.
La Kyenge si è poi soffermata sui limiti della normativa italiana: “la legge in vigore dà diritto alla cittadinanza all’età di 18 anni – ha ricordato – e non sempre riescono ad ottenerla. In Europa sono tanti i paesi che attuano lo ius soli, quello che cambia è il numero di anni. Nella mia proposta da deputata avevo indicato cinque anni. Nel Parlamento Europeo ho posto questo punto nell’agenda europea: parlare di una nuova cittadinanza, una cittadinanza europea, sapendo che chi ha la cittadinanza in un paese UE di fatto ha la cittadinanza europea”.
Viene da chiedersi se un paese, come l’Italia, deve le spinte verso la localizzazione o regionalizzazione delle norme continuano ad avere un credito tutt’altro che marginale, possa essere pronto ad accogliere una visione di cittadinanza così allargata.
Alessandro Giuliani

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