Gli studenti del Liceo classico e scientifico “Francesco Sbordone” di Napoli hanno pensato di ideare video e reel per esprimere il loro pensiero e inviare un messaggio concreto alle migliaia di loro coetanei, vittime della sindrome di Hikikomori. Come spiega la redazione napoletana del quotidiano La Repubblica, l’idea è nata in seguito a un confronto tra studenti e docenti sul potente impatto che le parole e le azioni possono avere sulla vita di una persona, nel bene e nel male. A partire da questa riflessione, i giovani hanno avvertito l’esigenza di realizzare in video un messaggio sociale che stimolasse le persone all’azione, nel tentativo di non lasciare indietro nessuno e con pazienza, passo dopo passo, far riaffacciare alla vita i ragazzi e le ragazze che si sono autoescluse dalla società.
Sul canale YouTube del Liceo Sbordone – realizzato per contenere e diffondere gli elaborati realizzati dal Centro di produzione video della scuola – è stato pubblicato un video dal titolo “Jammuncenne, hikikomori, stare in disparte”. In poco più di un minuto un ragazzo in primissimo piano parla al telefono con un compagno che non si vede più da tempo a scuola per tentare di convincerlo a uscire da casa, rimettersi di nuovo in circolazione riprendendo una normale vita di relazione. Dalle immagini che scorrono si può intuire come questo ragazzo che ha deciso di rinchiudersi in casa, sia stato vittima di bullismo da parte dei compagni. Con la forza delle parole e con l’impegno concreto in prima persona – il protagonista del video alla fine andrà a casa del compagno a riportarlo “in vita” – si può uscire dall’incubo dell’isolamento. Questo è il messaggio positivo che il video lancia e che si spera possa raggiungere almeno alcune tra le innumerevoli vittime di questa patologia.
Secondo le ultime stime pubblicate dal Magazine online della Fondazione Veronesi, nel nostro Paese si pensa che – pur in mancanza di dati ufficiali – gli hikikomori siano almeno centomila. Alla base di questa condizione, spiega lo psicologo Marco Crepaldi, fondatore dell’associazione Hikikomori Italia, c’è un disagio adattivo sociale. I giovani, che sperimentano una forte ansia sociale, faticano a relazionarsi con i coetanei e ad adattarsi alla società. Sono spesso ragazzi molto intelligenti, con un elevato QI, ma di carattere molto introverso e introspettivo, sensibili e inibiti socialmente, convinti di stare meglio da soli, lontani da tutti.
Purtroppo – continua la Fondazione Veronesi – dall’isolamento prolungato si innescano tutta una serie di problematiche che coinvolgono la salute a 360 gradi: possibile sviluppo di uno stato depressivo, attività fisica inesistente, alimentazione disordinata, così come sregolato è il ritmo sonno-veglia. Non solo, diventa al tempo stesso elevato il rischio di sviluppare una tendenza autodistruttiva.
Difficile trovare soluzioni e vie di uscita: solitamente – spiegano gli esperti della Fondazione – i ragazzi Hikikomori sono molto restii a farsi aiutare. Il consiglio principale è quello di dialogare con il ragazzo, e di rapportarsi a lui con un atteggiamento non giudicante. Al centro deve essere messo il suo benessere, senza alimentare quelle pressioni e quelle aspettative sociali, causa dell’isolamento. Per questo motivo, se il ragazzo rifiuta la scuola, è bene non insistere ma magari trovare un piano didattico personalizzato che preveda la frequenza a casa, da remoto. Sicuramente sconsigliato è adottare atteggiamenti coercitivi come staccare internet, oppure usare la forza per impedire al figlio di chiudersi a chiave in camera. Oltre al supporto psicologico, è fondamentale un aiuto psichiatrico, anche farmacologico, qualora servisse, ad esempio in caso di una depressione grave.
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