“Je suis Charlie”. L’avevano scritto dappertutto, persino in cielo. Un’affermazione troppo condivisa per essere giusta. Perché quando tutti pensano allo stesso modo, nessuno pensa. Perché la verità è complessa e non è mai tutta da una parte. Ma è bastata una breve frase di papa Francesco per diradare la nebbia di passività che si era creata intorno ai fatti di Parigi: “Non si deve uccidere in nome di Dio ma neanche oltraggiare la fede altrui”. Sì, perché se c’è un Islam fanatico col suo dio sanguinario e di parte, c’è anche un Illuminismo radicale che fa della libertà un feticcio. Un assoluto che non riconosce nient’altro che se stesso. Che celebra in modo arrogante la sua onnipotenza. Jihad e radicalismo volterriano sono, dunque, due estremismi, due forme d’integralismo. Le facce della stessa medaglia.
Se l’islamismo subordina il mondo al Noi della tradizione, negando le libertà dell’Ego, al contrario, il libertarismo supremo dell’Occidente sottopone tutto alla signoria dell’Io, negando il ruolo del Noi, lo svolgimento storico dei popoli. Respingendo la significatività delle culture, di ogni cultura, in nome di principi universali, tipici dell’Occidente, quali libertà ed uguaglianza, i redattori del settimanale satirico parigino, hanno posto se stessi e la nostra cultura quale criterio assoluto di verità. Non hanno riconosciuto che gl’islamici hanno il diritto di ritenere (alla maniera biblico vetero-testamentaria) innominabili e non raffigurabili, nomi ed immagini sacre. E che loro non possiedono il codice comunicativo dell’ironia e della satira, per il semplice fatto che non hanno avuto (come gli altri popoli orientali) le cosiddette “rivoluzioni dell’Ego” (Rinascimento, Razionalismo, Illuminismo, Esistenzialismo), di cui noi andiamo fieri, fino alla tracotanza. Del resto, basta guardare le vignette di “Charlie Hebdo” per rendersi conto di quanta tracotanza possa esservi nella divinizzazione dei principi astratti, propria di un certo Illuminismo. Superato poi, va detto, da Romanticismo ed Idealismo che ebbero il merito di rivalutare la storia, la natura processuale del vero, secondo le famose massime: “È vero solo ciò che accade” (Giovan Battista Vico); “L’uomo è la sua storia” (Benedetto Croce). Ammettiamolo. Le culture del mondo non vanno poste in gerarchia, secondo una logica aritmetica, in cui un numero è maggiore di un altro. Ma con la logica geometrica, in cui ogni figura è se stessa. Individuale, originale.
Visitando i paesi islamici (ma anche vivendo in Italia) ho potuto notare quanta tranquillità e dignità brilla nel volto di tanti musulmani. Ho osservato con l’occhio del femminismo astratto molte coppie di quei paesi ed ho concluso che si rispettavano ed amavano, in modo unico, compiuto, anche se asimmetrico.
Ho cominciato a comprendere che la verità passa attraverso le idee ma anche attraverso i fatti.
E, allora. “Je suis Charlie”. O no?
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