Lavoro, istruzione, sport, casa, sicurezza: politiche progressive nell’agenda della ministra Kyenge che rilancia con il suo piano d’azione. Niente norme-manifesto, ma condivisione con altri ministri, associazioni, enti locali. Il piano anti razzismo che la ministra dell’Integrazione Cécile Kyenge presenta oggi segna una cesura culturale, perché essenziali sono il lavoro e l’istruzione.
Quanto all’istruzione, si sottovaluta che il deficit linguistico induce a ghettizzarsi e ostacola una vita normale, anche nei rapporti con enti pubblici (documenti, pratiche di welfare, controlli di polizia). Kyenge vuole che tutti i migranti possano e debbano imparare l’italiano nei primi mesi. Come fece lei, a 19 anni, giunta dal Congo: sfumata la borsa di studio, fu costretta ad arrangiarsi un anno in attesa dell’iscrizione all’università. Si pensa a coinvolgere reti di associazioni, docenti e laureati, per creare un’acculturazione di massa: i costi per lo Stato sarebbero contenuti, i benefici enormi.
Anche l’attività sportiva viene considerata uno strumento di integrazione e la ministra considera inaccettabili discriminazioni come quella recentemente subita dalla bimba di 10 anni, nata in Veneto da genitori tunisini, a cui veniva impedito di tesserarsi per le gare di nuoto sincronizzato. “Uno spreco di talento non isolato”, aveva detto, e il riferimento va alle storie di atleti anche di livello internazionale – Eusebio Haliti, Yadisleidy Pedroso, Daria Derkach – costretti a lunghe e umilianti trafile burocratiche per poter vestire la maglia azzurra.
In attesa che una legge sulla cittadinanza risolva il problema alla radice, si possono studiare soluzioni specifiche, in modo da incentivare la pratica agonistica degli immigrati di seconda generazione.
La ministra intende pure potenziare la legge Mancino e la stretta dovrebbe riguardare l’uso di Internet per la propagazione virale di odio razziale e istigazione alle discriminazioni.
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