Più marcata la presenza femminile nella scuola dell’infanzia: solamente lo 0,4% di maestri sono uomini. Una presenza, quella femminile, che alle superiori si riduce sensibilmente, ma sfiorando il 60% costituisce sempre la grande maggioranza.
Se si guardano i dati sulla dispersione scolastica, scrive La Stampa, il tema non cambia: nel 2012 l’Italia era ancora ferma al 17,6% di giovani usciti dal circuito formativo prima dei 16 anni; una quota decisamente lontana dal valore medio dell’indicatore nell’Ue27, che si attesta al 12,8 per cento. Però se si guarda al genere di alunni italiani che lascia i banchi prima del tempo, il quadro diventa ampiamente in attivo: tra i maschi sale infatti al 20,5%, mentre tra le femmine scende al 14,5%.
Ma non solo, scorrendo i dati Ocse emerge che in Italia i maschi diplomati della secondaria sono il 70% tra i 25-34enni (+25%), invece le femmine diplomate raggiungono il 75% nella stessa fascia di età (+35%).
Le donne iscritte a una Facoltà sono il 56%, hanno ottenuto alla maturità un giudizio medio alto pari a 87/100 e si laureano almeno un anno prima degli uomini.
Di contro però il tasso di disoccupazione delle laureate rimane più alto, il 6,7%, contro il 4,1% dei maschi. Anche perché scegliendo in prevalenza corsi di studi umanistici, le donne hanno molte meno probabilità dei maschi di operare professionalmente in campi tecnologici o comunque economicamente più produttivi. In ogni caso, anche a parità di titolo di studio guadagnano meno degli uomini: in genere la differenza è del 10-20%, anche se non di rado raggiunge punte del 30-40%.
Anche per il pensionamento le donne subiscono un ritardo se paragonato al prima: dall’1 gennaio del 2012 l’età minima per accedere all’assegno di quiescenza è passato da 60 a 62 anni, da quest’anno servono 63 anni e 9 mesi. Mentre per quelle che non posseggono il requisito dell’età anagrafica, occorre un’anzianità contributiva di 41 anni e 6 mesi entro il 31 dicembre 2014.
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