Fanno bene i docenti ad esortare i propri alunni a considerare la lingua italiana con creatività e spirito di iniziativa.
A sostenerlo sono i ricercatori dell’Accademia della Crusca, interpellati per commentare l’iniziativa un alunno di nove anni, Matteo, iscritto alla classe terza della scuola primaria ‘Marchesi’ di Copparo (Ferrara), che ha convinto l’alunno a rivolgersi alla prestigiosa accademia linguistica nazionale per sapere se è corretto scrivere “le margherite sono fiori petalosi, mentre i papaveri non sono molto petalosi”.
“La parola ‘petaloso’ inventata dal bambino è trasparente e regolare, ed è anche bella perchè riguarda un fiore, e quindi in qualche maniera intenerisce”, ha detto Maria Cristina Torchia, ricercatrice dell’Accademia della Crusca, collaboratrice del settore della consulenza linguistica, nonché firmataria della lettera di risposta alla maestra Margherita Aurora, a cui l’agenzia Adnkronos ha chiesto un parere sull’aggettivo coniato dal bimbo di nove anni.
“Questa vicenda mostra una maestra che con intelligenza ha spinto il suo allievo fantasioso a cercare una risposta a una domanda complessa”. Con questa lettera, ha continuato Torchia, si è dimostrato che è possibile avviare “un dialogo bello e proficuo tra la scuola e l’Accademia della Crusca”, la quale rilascia “pareri e consigli linguistici, essendo un’istituzione che rappresenta un solido punto di riferimento. Una vicenda che presenta il lato dell’Accademia forse meno conosciuto, quello appassionato alla lingua e soprattutto alle persone che le rivolgono domande su di essa”.
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Per avere, tuttavia, la promozione nel lessico comune e nei dizionari del termine “petaloso”, la strada è lunga “Ho spiegato al piccolo Matteo come una parola entra nel vocabolario: ciò avviene non tanto se una parola è bella o giusta, ma solo se si diffonde nell’uso quotidiano, se viene accettata dalla comunità dei parlanti nel tempo”.
Dello stesso avviso è anche il professore Paolo D’Achille, accademico della Crusca, responsabile del servizio di consulenza per la stessa istituzione, e docente di storia della lingua italiana all’Università di Roma Tre, anche lui interpellato dall’Adnkronos.
“La vicenda della lettera su ‘petaloso’ mostra che c’è una fiducia da parte degli utenti sul fatto che la lingua ammetta la creatività individuale e che quindi il cittadino possa partecipare alla formazione della lingua stessa. Al tempo stesso c’è il riconoscimento del ruolo dell’Accademia della Crusca come prestigioso centro lessicografia, capace cioè di certificare questa avvenuta creazione linguistica”.
Il professore universitario tiene a dire, infine, che “la lettera della dottoressa Maria Cristina Torchia, a nome dell’Accademia della Crusca, alla maestra e al piccolo Matteo è ben scritta, molto garbata e testimonia che la Crusca non ha preclusioni, ma cerca di rispondere a tutti i quesiti che vengono sottoposti, anche quelli individuali, che sono numerosi. L’intera vicenda dimostra che l’italiano è considerato un bene comune che va custodito con cura”.
I giovani lo sappiano, quindi: la lingua va di sicuro salvaguardata. Ma anche continuamente aggiornata.
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