L’Agenda è presentata come “un primo contributo ad una riflessione aperta”. Una delle 25 pagine riguarda la scuola ed espone in sintesi il Monti-pensiero, che ricalca pari pari le strategie europee del programma Lisbona 2020, dallo sviluppo delle competenze appropriate per vivere e lavorare nel mondo della globalizzazione, alla riduzione del tasso di abbandono, all’incremento del numero di laureati.
“La scuola e l’università sono le chiavi per far ripartire il Paese e renderlo più capace di affrontare le sfide globali”, è l’esordio.
“La priorità dei prossimi cinque anni è fare un piano di investimenti in capitale umano”, è il punto saliente, tanto da essere ripetuto due volte in poche righe.
Non è comunque una novità, perché già al suo debutto al Senato, il 17/11/2011, l’allora neo-premier aveva detto, parlando di istruzione e università, che “la valorizzazione del capitale umano deve essere un aspetto centrale”, tanto da suscitare un certo ottimismo nel mondo della scuola post Gelmini.
Dalla prossima legislatura si fa sul serio. Il paragrafo si intitola proprio così: “Bisogna prendere l’istruzione sul serio” e investire sulla qualità. Con prudenza, perché prima c’è sempre la questione del contenimento della spesa pubblica: “Man mano che si riduce il costo del debito pubblico e si eliminano spese inutili, possiamo creare nuovi spazi per investimenti nell’istruzione”.
Quanto agli insegnanti “devono essere rimotivati e il loro contributo riconosciuto”. Come si era capito nei mesi scorsi, la tendenza è di procedere decisamente nel senso della flessibilità e della valutazione.
“Il modello organizzativo deve cambiare puntando su autonomia e responsabilità come principi fondanti”.
Inoltre, “da subito occorre completare e rafforzare il nuovo sistema di valutazione centrato su Invalsi e Indire, basato su indici di performance oggettivi e calibrati
sulle caratteristiche del bacino di utenza e dei livelli di entrata degli studenti. Occorre inserire con gradualità meccanismi di incentivazione dei dirigenti scolastici basati sulla valutazione del rendimento della struttura ad essi assegnata, e degli insegnanti, ad esempio attraverso un premio economico annuale agli insegnanti che hanno raggiunto i migliori risultati”.
Quanto all’Università, “è prioritario accrescere gli investimenti nella ricerca e nell’innovazione, incentivando in particolare gli investimenti del settore privato, anche mediante agevolazioni fiscali e rafforzando il dialogo tra imprese e università. Bisogna rendere le università e i centri di ricerca italiani più capaci di competere con successo per i fondi di ricerca europei, sulla scorta del lavoro avviato nei mesi passati”.
Dal richiamo all’Europa alla continuità con quanto seminato nell’ultimo anno, non c’è che dire, l’Agenda Monti almeno per la scuola ha tutta
l’aria di essere un programma accoglibile da una vasta platea di forze politiche.
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