Oltre 570 mila bambini sono morti nel 2005 a causa del virus dell’Aids. E ciò nonostante la maggiore diffusione dei farmaci retrovirali: ciò significa, in media, che se ne è andato un bambino ogni minuto. Ma il quadro è ancora più drammatico se si va a verificare il numero complessivo di sieropositivi nel mondo: nel 2005 ha raggiunto i 40,3 milioni, di cui 2,3 bambini. Ben 700 mila, nel corso di questo anno, sono stati i minori di 15 anni infettati dal virus, a fronte di 4,9 milioni di nuovi contagiati. Sono dati spietati ma inesorabili quelli rilanciati da Save The Children-Onlus Italia alla vigilia della Giornata Mondiale per la “Lotta all’Aids” che si celebra il 1 dicembre.
La situazione diventa decisamente allarmistica se si calcola che sino ad oggi sono circa 15 milioni i bambini che hanno perso uno o entrambi i genitori a causa dell’Aids e se si calcola che il numero raggiungerà i 25 milioni entro il 2010. In generale i giovani fra i 15 e i 24 anni rappresentano la metà, cioè il segmento più numeroso, di persone contagiate. La maggior parte dei minori, cosi’ come degli adulti uccisi dall’Aids (in tutto 3,1 milioni nel 2005), si concentra nell’Africa sub-sahariana.
“I numeri però da soli non danno l’idea della devastazione che l’Aids procura alle comunità, alle famiglie e soprattutto alla vita dei bambini, che sono i più vulnerabili e a rischio”, commenta Carlotta Sami, direttore dei Programmi di Save the Children Italia. “Quando un genitore si ammala o muore di Aids, tocca ai figli assumersi la responsabilità di mandare avanti la famiglia e ciò spesso li costringe a lasciare la scuola per lavorare, per provvedere alla sussistenza propria e altrui e per curare i fratelli o il padre e la madre”.
“Questa condizione – dice ancora Carlotta Sami – li rende più vulnerabili, esponendoli al rischio di sfruttamento, di poverta’ e di contrarre loro stessi la malattia. In realtà l’Hiv-Aids si può combattere e vincere”. Secondo l’associazione internazionale per farlo è indispensabile però adottare cinque azioni chiave: aiutare i minori colpiti direttamente o indirettamente a frequentare la scuola, per acquisire maggiore consapevolezza e dunque possibilità di sopravvivenza; fornire supporto sanitario e cibo ai minori malati o orfani; fornire supporto psicologico per l’elaborazione del trauma e del dolore legati alla perdita dei familiari o alla malattia; provvedere alla formazione professionale e offrire opportunità lavorative; formare e organizzare giovani volontari che informano i loro coetanei sulla malattia, sulla prevenzione e visitano a domicilio gli ammalati.
“Nel 2000 – conclude Sami – ben 189 Stati del mondo hanno sottoscritto gli obiettivi del millennio e hanno promesso, fra l’altro, di arrestare e invertire entro il 2015 il trend di diffusione di questa pandemia. I paesi del G8, in particolare, hanno promesso di raddoppiare gli aiuti internazionali ai paesi poveri entro il 2010. Ma sono promesse e progetti ancora tutti da verificare sul piano pratico”.