Il mio nome è Samuele, ho 19 anni e qualche mese fa ho affrontato l’esame di Stato comunemente indicato con il termine Maturità.
Nell’ultimo anno della mia vita mi sono chiesto per un lungo periodo di tempo, in cosa questa prova consista: è solo un esame volto a segnare un traguardo fondamentale della carriera scolastica dello studente, con la finalità di valutare le competenze acquisite durante il percorso ed assegnare un titolo?
La conclusione a cui sono giunto diverge da questa considerazione, nonostante sia quella che ognuno di noi, attribuisce al primo impatto con questa esperienza.
Mi sono reso conto, che le varie prove che si svolgono durante l’esame, sono se non altro la punta di diamante dell’intero ciclo che inizia con il primo compito e termina molto dopo, con un andamento a climax ascendente. L’ultima parte è quella più importante, che è possibile realizzare a mente libera, solo dopo aver concluso i vari test che ci impegnano fisicamente e intellettualmente, che non danno spazio ad una riflessione più approfondita, non a caso durante l’esame il soggetto viene identificato nella condizione di maturando, quasi come se fosse in una fase di transitorietà.
L’esame in sé è una cornice priva di dipinto. Spetta al giovane assegnarne un contenuto, una dimensione specifica che personalmente ho individuato nella consapevolezza di avere un’ottica diversa nei confronti della vita rispetto a quella precedente, che è possibile definire immatura.
Codesta condizione viene scatenata in primo luogo dal crollo delle certezze di cui aveva a lungo parlato Nietzsche nella “Gaia Scienza” che nel caso del giovane studente maturo corrisponde al frantumarsi della convinzione e della sicurezza che l’anno successivo sarà con i suoi insegnanti, nella stessa classe, con i compagni di sempre, ad affrontare una nuova fase scolastica.
La sua vita prenderà una nuova piega, incerta, priva di quella monotonia e sicurezza che è possibile definire protezione, che la scuola garantisce, paragonabile a quella che una Madre trasmette al proprio figlio. E’ proprio questo che spinge il soggetto a rifletterci su.
Lo studente di fronte al crollo delle proprie certezze, si trova di fronte ad un’ulteriore fantastica scelta: se intraprendere il percorso universitario e quale piega dare al proprio futuro.
Punto centrale del pensiero di Kierkegaard è proprio il problema della scelta: l’uomo in quanto singolo, individuo che sta alla base del concetto di solipsismo, diventa ciò che è come conseguenza delle sue scelte: è comprensibile l’importanza di questo momento.
Tutto ciò conduce alla considerazione che la finalità degli anni precedenti non è stata esclusivamente quella dell’apprendimento, della formazione culturale, ma fasi propedeutiche proprio al momento successivo all’esame di Stato: affrontare il proprio futuro con serenità e con la consapevolezza che esso è incerto.
Di fronte all’importanza e all’incisione che questo percorso ha nella vita di ogni individuo, è sconvolgente e paradossale parlare di “tagli alla scuola”.
La maturità che sarà parte integrante delle vite di ogni studente, assomiglia ad un albero, con radici più o meno solide, la cui solidità deriva dalle competenze acquisite dallo studente, e i rami corrispondo alle sfaccettature, dimensioni, e visioni che l’individuo acquisisce rispetto alla quotidianità futura.
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