Categorie: Attualità

L’alunno è difficile? Forse la colpa non è sua

Quando un giovane assume comportamenti “deviati” e antisociali si tende quasi sempre a colpevolizzarlo: probabilmente è un errore.

La conclusione si evince dalle conclusioni di una recente ricerca internazionale condotta in collaborazione da l’Università degli Studi di Roma ‘Tor Vergata’ e il Cnr, da cui si è dedotto che il cervello degli adolescenti con gravi comportamenti antisociali è molto differente dal punto di vista anatomico rispetto a quello degli adolescenti che non mostrano tali comportamenti.

Nello studio ‘Mapping the structural organization of the brain in conduct disorder: replication of findings in two independent samples’ delle Università di Cambridge e Southampton, pubblicato sulla rivista internazionale Journal of Child Psychology and Psychiatry, gli scienziati italiani e inglesi hanno utilizzato metodiche di risonanza magnetica per visualizzare la struttura cerebrale di adolescenti maschi con diagnosi di disturbo della condotta sociale, un grave problema neuropsichiatrico caratterizzato da estrema aggressività, uso ripetuto di armi e droghe e comportamenti menzogneri e fraudolenti.

Lo studio è stato promosso e finanziato dal Wellcome Trust e Medical Research Council nel Regno Unito. I ricercatori hanno reclutato 58 adolescenti maschi con disturbo della condotta sociale (33 partecipanti nella forma che emerge nella fanciullezza, 25 nella forma che compare durante la fase adolescenziale) e 25 individui non affetti da malattie neuropsichiatriche, di età compresa tra 16 e 21 anni.

I ricercatori hanno trovato che le persone con il disturbo del primo tipo, rispetto ai soggetti di controllo, mostravano un elevato numero di correlazioni nella corteccia cerebrale che potrebbe dipendere da anomalie dello sviluppo, cioè da una ridotta perdita di spessore della corteccia che normalmente si osserva con gli anni.

I giovani con disturbo che emerge durante l’adolescenza presentavano un minor numero di tali correlazioni e questo potrebbe riflettere uno specifico problema di sviluppo, ad esempio l’incapacità di selezionare le connessioni simpatiche più forti e durature.

 

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I risultati ottenuti sono stati replicati e confermati in un altro campione di 37 individui con disturbo e 32 individui di controllo, tutti maschi di età tra 13 e 18 anni, reclutato all’Università di Southampton.

“Le differenze che abbiamo riscontrato dimostrano che gran parte del cervello è coinvolto in questa malattia neuropsichiatrica – commenta Graeme Fairchild del Dipartimento di psicologia dell’Università di Southampton -. Il disturbo della condotta sociale è un reale problema cerebrale e non, come alcuni ancora sostengono, semplicemente una forma di esagerata ribellione alle regole della società. I risultati dimostrano anche che ci sono differenze cerebrali molto significative tra gli individui che sviluppano tale disturbo nella fanciullezza o durante l’adolescenza”.

Nicola Toschi, docente in fisica applicata all’Università di Roma ‘Tor Vergata’, ha detto che “prima del nostro studio, non eravamo stati mai in grado di visualizzare in modo chiaro le diffuse anomalie anatomiche che sono presenti nel cervello degli adolescenti con il disturbo della condotta sociale”.

Rimane ancora da stabilire la combinazione di fattori genetici ed ambientali che possa portare alle anomalie cerebrali osservate. I ricercatori confidano che i risultati ottenuti possano portare allo sviluppo di marcatori oggettivi che consentano di monitorare in modo preciso l’andamento dei disturbi della condotta sociale e soprattutto l’efficacia dei trattamenti disponibili.

“Ora che siamo capaci di produrre una mappa delle anomalie nell’intero cervello degli adolescenti con disturbo della condotta sociale potremmo, in un futuro non troppo lontano, vedere se le terapie disponibili siano capaci di influenzare la maturazione del cervello e di ridurre tali comportamenti”, ha concluso Ian Goodyer del Dipartimento di psichiatria dell’Università di Cambridge.

 

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Alessandro Giuliani

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