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L’Anci a favore di un Piano nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri

L’indagine conoscitiva presentata dall’Anci sulle problematiche connesse all’accoglienza di alunni con cittadinanza non italiana nel sistema scolastico italiano evidenzia come l’accoglienza e, quindi, l’integrazione risulti più difficile nelle situazioni in cui nelle classi si concentra un’alta presenza di cittadini non italiani, mentre la varietà delle cittadinanze non esercita un effetto negativo.

Dall’esperienza dei Comuni deriva, inoltre, un’altra considerazione: l’apprendimento dell’italiano come seconda lingua, elemento fondamentale per la riuscita di qualsiasi percorso di integrazione, deve poter contare su risorse e modalità organizzative mirate.
Sono già molti i Comuni ad elevata presenza di popolazione migrante che, per favorire l’integrazione scolastica degli alunni stranieri, hanno creato laboratori linguistici attrezzati per l’apprendimento della lingua italiana e per il sostegno nello studio degli alunni stranieri.
L’Anci, però, a tale proposito rileva che, a fronte di un crescente aumento del numero di stranieri e, di conseguenza, dei bisogni, non si registra tuttavia un’assegnazione alle scuole di personale docente dedicato, tale da soddisfare la richiesta dei dirigenti scolastici.
Finora è solo grazie alla collaborazione tra scuola ed Ente Locale che è stato possibile portare avanti esperienze positive, che potrebbero essere ora fortemente compromesse – denuncia l’Anci – “ove la scuola non potesse più disporre degli insegnanti di cui finora ha potuto disporre, a causa dei tagli che stanno intervenendo sul numero dei docenti”.
Il problema dell’integrazione degli alunni stranieri non è cosa nuova ed è stato già denunciato dall’Anci. “Purtroppo – continua il documento – il Governo ha preso in considerazione solo la condizione dei disabili, non accogliendo le nostre preoccupazioni in relazione alle situazioni di difficoltà e di disagio. Di conseguenza, la normativa sulle dotazioni organiche non contiene alcun riferimento al numero degli allievi stranieri, lasciando pertanto insoluta la problematica, mentre invece andrebbe potenziata la presenza di insegnanti specializzati L2”.
Gli interventi per l’integrazione scolastica degli alunni immigrati, intesi come investimenti economici e di risorse umane, sono lasciati alla “buona volontà” degli amministratori locali, in quanto la normativa, costituita soprattutto da indicazioni e suggerimenti, non pone vincoli assoluti.
La mancanza di indicazioni specifiche a livello nazionale a sostegno delle singole azioni degli Enti Locali impedisce che il livello dei servizi sia uniforme in tutto il Paese. Infatti, l’entità degli interventi varia molto anche a seconda della diseguale presenza degli immigrati nelle varie Regioni, con una vera e propria forma di “discriminazione”, sulla base della quale l’accesso a determinati servizi dipende dal territorio in cui emerge il bisogno. 
“La crisi finanziaria in atto – continua l’Anci – con i tagli ai bilanci e la conseguente contrazione delle molte iniziative comunali, rischia di mettere in crisi tutto il lavoro compiuto in questi anni, in termini di servizi scolastici per l’integrazione, riconducendo una parte importante e particolarmente fragile, della popolazione scolastica ai margini del tessuto sociale e senza l’attenzione continuativa che si raggiunge nei rapporti quotidiani che si realizzano nelle scuole”.
Quali sono, in conclusione, le richieste dei Comuni?
Innanzitutto, per quanto riguarda la questione dell’eccessiva concentrazione di alunni stranieri in determinate scuole, l’Anci ritiene che il problema debba essere affrontato nell’ambito di un “Piano nazionale per l’integrazione” che preveda, tra gli altri aspetti, la definizione sui territori di piani urbanistici che prevedano insediamenti abitativi più equilibrati tra cittadini italiani e cittadini stranieri, nonché l’analisi delle buone prassi e delle eccellenze espresse sul territorio italiano in materia di integrazione scolastica degli alunni stranieri.
Inoltre, “andrebbe incoraggiato in maniera metodica e continuativa il coinvolgimento e la partecipazione delle famiglie straniere alla vita della scuola”, con l’ausilio di mediatori culturali, anche per gli alunni stranieri di seconda generazione. Misure queste da prevedere nel quadro di norme nazionali e non lasciate alla buona volontà e discrezione del singolo Comune.

“È infine noto – conclude il documento – come, anche in considerazione delle esperienze maturate negli altri Paesi europei, uno degli strumenti più efficaci sia quello della integrazione precoce a partire se possibile dagli asili nido e sicuramente dalla scuola materna. È pertanto necessario che tali servizi vengano rifinanziati a livello nazionale, sia quanto a costruzione delle strutture che quanto a gestione quotidiana, in un nuovo piano di responsabilizzazione nazionale delle politiche di accoglienza ed insieme di creazione di posti di lavoro”.

Lara La Gatta

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