Categorie: Personale

L’anno è finito, nessun obbligo di firma per i docenti senza più impegni

Il termine dell’anno scolastico è agli sgoccioli. E torna, come prassi, la diatriba sulla presenza a scuola dei docenti non impegnati in attività deliberate in precedenza. Alcuni dirigenti particolarmente solerti, infatti, continuano a chiedere al corpo insegnante non più coinvolto nelle attività didattiche, funzionali (scrutini, riunioni, collegi, ecc.) o progettuali, né tantomeno negli esami di fine corso, di essere presente quotidianamente a scuola. Per tutto il mese di giugno. In alcuni casi addirittura sino alle ferie.
Il motivo? “Siete comunque in servizio”, rispondono quasi sempre i capi d’istituto. “Ma non siamo impiegati, non abbiamo questo obbligo”, ribattono i docenti.
Sulla vicenda è intervenuta nelle ultime ore la sempre attenta sezione di Venezia della Gilda degli Insegnanti. Che ha tenuto a precisare, attraverso un circostanziato articolo pubblicato sul sito del sindacato veneto, che i docenti una volta terminata la scuola non hanno “nessun obbligo” di recarsi a scuola al di fuori della attività programmate.
In via preliminare la Gilda ricorda che “come si evince dalla sentenza del Consiglio di Stato dell’8 maggio 1987 e, più recentemente da una sentenza del Tribunale di Trento del 23/01/2004, nonché da un’ulteriore sentenza del Giudice del Lavoro di Napoli r.g. 5344/2006, che durante la sospensione dell’attività didattica possono essere effettuate solo attività funzionali all’insegnamento di carattere collegiale previste nel Piano Annuale delle Attività deliberato dal Collegio nel mese di Settembre (eventualmente integrato con delibere successive) e, comunque, nel rispetto delle 40 + 40 ore annue di attività collegiale”.
La conclusione, sempre per la Gilda, è inevitabile: “non c’è, quindi, durante la sospensione delle attività didattiche, alcun obbligo di insegnamento o presenza a scuola per altre attività non programmate”.
Il sindacato si sofferma quindi su quella che viene definita, senza mezzi termini, “la pretesa da parte di taluni Dirigenti Scolastici di obbligare i docenti a prestare servizio anche nei periodi di sospensione delle lezioni, facendo riferimento all’orario di insegnamento”: ebbene, per l’organizzazione coordinata da Rino Di Meglio, questa richiesta senza dubbio “confligge con le norme pattizie (CCNL 2006-2009, art. 28 e 29): non c’è, pertanto, l’obbligo di una “prestazione di servizio pari” alle 25 ore settimanali nella scuola materna, 22+2 ore settimanali nella scuola elementare e 18 ore settimanali nelle scuole secondarie”.
Indicativa anche un’ulteriore precisazione: “nessun’altra prestazione può essere richiesta quale riordino degli armadi, sistemazione delle aule, solidarietà ai colleghi impegnati in attività di esami, traslochi e così via, adducendo il pretesto che gli insegnanti sono comunque in servizio fino al 30 giugno. Gli insegnanti infatti sono in servizio fino al 30 giugno solo per quegli impegni deliberati ad inizio d’anno dal Collegio dei docenti”.
A tal proposito, c’è anche da ricordare la Nota 1972 del 30.06.1980, secondo cui “… appare in contrasto con il sistema previsto dai D.P.R. 31 maggio 1974, n. 416 e D.P.R. 31 maggio 1974, n. 417 l’imposizione di obblighi di semplice presenza nella scuola che non siano dipendenti da iniziative programmate e attivate e rispondenti a reali esigenze delle singole scuole. Si tratterebbe infatti di presenza puramente formale che, in tal caso, non terrebbe conto della peculiare caratteristica dell’istruzione scolastica, che si differenzia dai normali uffici proprio per l’interruzione della propria prevalente attività (quella dell’insegnamento destinato agli alunni) prevista dal calendario scolastico…”.
Il caso, come abbiamo detto all’inizio, non è nuovo: la Gilda riferisce anche che in passato, “presso l’Ufficio Scolastico Regionale, ha trovato il supporto della stessa amministrazione che ha dichiarato l’illegittimità dell’ordine di servizio emanato dai dirigenti ed intimato, alle scuole segnalate, il rispetto delle norme contrattuali”. In caso contrario, la presenza a scuola dei docenti dopo il termine delle attività didattiche deve essere motivata, lo abbiamo già detto, dalla prestazione in attività aggiuntive calendarizzate nel piano delle attività annuali. Con tanto di “riconoscimento economico aggiuntivo secondo le tabelle previste dal contratto”. Leggendo la normativa da questo punto di vista, costringere i docenti ad essere presenti a scuola, quindi, potrebbe addirittura determinare i presupposti per un riconoscimento economico. Che più di qualche docente potrebbe avanzare alla propria dirigenza. Un motivo in più, quindi, per rispettare la legge. E non costringerli più a fare quello che non devono.
 
Alessandro Giuliani

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