Rafforzare il potere del Collegio dei docenti introducendo la figura del “coordinatore della didattica”, che lo stesso collegio dovrebbe eleggere sovranamente all’inizio dell’anno scolastico; rendere più forte la rappresentanza dei docenti all’interno del futuro Consiglio dell’Autonomia (l’attuale Consiglio d’Istituto); non permettere che l’attuale Contratto d’istituto possa essere sostituito dallo Statuto, considerato una sorta di anticamera alla presenza delle fondazioni all’interno degli istituti scolastici. Sono le tre indicazioni principali che la Gilda degli Insegnanti ha proposto nel corso del convegno svolto a Roma il 5 ottobre, nella giornata mondiale dell’Insegnante, sul tema della “Governance della scuola”.
Significativo, durante il convegno, è stato l’intervento di Fabrizio Reberschegg, presidente dell’Associazione Docenti Art. 33, per il quale rimane oggi più che mai vitale la promozione della funzione istituzionale della scuola: solo così si potrà contrastare sul piano culturale e politico le logiche dell’aziendalizzazione e della privatizzazione dell’istruzione, che hanno come obiettivo finale la marginalizzazione della professione docente e la sua impiegatizzazione.
Durante il convegno sono state diverse le critiche nei confronti del modello gerarchico-aziendale ed in particolare all’ex ddl 953, la cosiddetta riforma Aprea. Le proposte, presentate dal coordinatore nazionale della Gilda, Rino Di Meglio, sono state discusse nel corso del dibattito da alcuni politici. “Se la scuola è un’istituzione non può essere un’azienda – ha tuonato Pierfelice Zazzera (IdV) – e per questo non vi è alcun obbligo che a fine anno i suoi conti siano in pareggio”. Zazzera, che è vicepresidente della commissione Cultura alla Camera, ha poi sottolineato che il suo partito non è affatto contento delle modifiche apportate al ddl 953 Aprea, che ha trasformato la proposta in una revisione degli organi collegiali: “l’ispirazione e l’impostazione ideologica di quel ddl – ha detto l’on. dell’IdV – rimane sempre la stessa, cioè legata alla parola magica ‘autonomi’. La quale, rimanendo ancora poco definita, rischia di lasciare fare alle scuole e soprattutto ai suoi dirigenti tutto quello che vogliono. Una condizione molto pericolosa, soprattutto se abbinata alla possibilità di essere sovvenzionate dalle fondazioni bancarie. Una riforma – ha concluso Zazzera – deve essere poi complessiva, non parziale: assieme agli organi di rappresentanza bisogna assolutamente rivedere i ruoli del personale e quel reclutamento per il quale rivendichiamo con priorità 150mila assunzioni dei precari”.
Maria Coscia (Pd) ha spiegato che l’appoggio del suo partito all’attuale Governo tecnico era necessario, “per aiutare il paese ad uscire da una crisi gravissima. Al termine di questa legislatura si aprirà una nuova fase costituente. E non solo per la scuola, ma per tutto il paese. Quanto prodotto con gli emendamenti all’ex ddl Aprea – ha sottolineato Coscia – è solo la conclusione di un percorso che ha cercato di rendere coerente la normativa attuale con quelli che una volta si chiamavano gli organi collegiali. Cercando di far prevalere il più possibile una logica non certo di scuola aziendalista, ma di un luogo formativo aperto dove tutti i soggetti coinvolti mettono al centro gli alunni”. Secondo Coscia il collegio dei docenti manterrà, invece, un forte potere decisionale. Senza contare che “questo testo andrà nell’altro ramo del parlamento, dove verranno fatti ulteriori aggiustamenti”.
Secondo Umberto Guidoni (Sel) di questo disegno di legge si poteva fare tranquillamente a meno, “soprattutto perché non ve ne era alcuna urgenza, ancora di più a fine legislatura. Prima – ha detto Guidoni – bisogna fare chiarezza a quale modello formativo ispirarsi: anglosassone, moderno, altri? Io sono stato per lavoro diversi anni negli Stati Uniti e vi assicuro che in Italia non è esportabile la loro scuola ‘basic’, che fornisce solo l’essenziale e lascia poi al privato quella di qualità. Fino a che non verrà fatta chiarezza su questo aspetto continueremo a vivere la scuola con pericolosa ambiguità e oscillazione tra visioni troppo distanti per essere compatibili. In ogni caso se si vuole un sistema ‘misto’ va detto. Quello che serve – ha concluso il rappresentante del raggruppamento extra-parlamentare – è tuttavia un sistema di istruzione al centro delle politiche del Governo e dove prevalga l’uguaglianza”.
Prima della fine del dibattuto sono intervenuti diversi rappresentanti della categoria. Particolarmente significativo è stato quello di un docente: “Io sono un insegnante di una classe di 26 alunni, di cui 3 diversamente abili e 6 con disturbi specifici dell’apprendimento. È una situazione che si commenta da sola. Non ho da fare domande, ma voglio solo denunciare lo stato in cui si è ridotta la scuola italiana”.
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