Un appello sui social network che sta diventando virale. Si tratta di un post in cui si parla della volontà di crescere figli che sappiano accettare il valore di una sconfitta.
Lo riportiamo integralmente per stimolare il dibattito tra i lettori
Un applauso a noi, che da piccoli facevamo i compiti tutti i pomeriggi, che se prendevamo una nota ci davano il resto a casa, e poi, forse, ci lasciavano spiegare. Che se un educatore (maestra, coach, catechista, non importa) si incazzava con noi, era comunque colpa nostra, poi al massimo si vedeva. Che uscivamo da scuola e correvamo a fare sport, ma solo dopo aver giocato dall’amico, nutriti a olio di palma, barrette Kinder e polvere dei lotti. E il tempo ci bastava sempre, pensate un po’.
Che nessuno si preoccupava di mandarci dal neuropsichiatra infantile per una pagina di Storia da studiare, o perché l’allenatore di calcetto ci metteva sempre in panchina.
Perché ci dicevano, semplicemente, che in panchina ci stavamo perché eravamo pippe e il due a scuola l’avevamo preso perché eravamo ciucci. E non c’è niente di male ad essere pippe e ciucci. È un punto di partenza.
Da cui si può sempre andare avanti, tra l’altro.
Ma crescere i figli nelle campane di vetro, prendersela con gli insegnanti, la scuola, gli alieni, le scie chimiche, Superman che è diventato cattivo, di certo è molto, ma molto peggio.
Stiamo creando adulti che non sanno accettare le sconfitte e non sanno cavarsela da soli.
E da questo, perdonatemi il pessimismo, non c’è ritorno.
Ho fatto copia incolla, non è farina del mio sacco ma mi è piaciuto tanto e condivido in pieno tutto!
questo è quanto…
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