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“L’apprendimento non può fare più a meno delle tecnologie vicine ai giovani”: largo ai videogiochi in aula

I miglioramenti dell’apprendimento dovuti all’apporto delle nuove tecnologie, anche di tipo ludico, trova sempre più conferme. Forti consensi si sono riscontrati di recente a livello internazionale, attraverso un’ampia ricerca svolta in sette Paesi europei: al termine dell’indagine è stato dimostrato che “l’adozione della tecnologia 3D ha un impatto positivo sull’apprendimento degli studenti quando viene impiegata come strumento di insegnamento didattico”.
In Italia l’interesse per questo genere di impostazione didattica è stato esternato il 30 novembre da Pier Cesare Rivoltella, ordinario di “Tecnologia dell’Apprendimento” all’Università Cattolica di Milano: durante un intervento tenuto al convegno “Giovani e Internet”, il docente universitario si è soffermato su uno dei videogiochi più diffusi tra i ragazzi – “Assassin’s Creed” – per analizzarne le “grammatiche interne ed esterne” e confrontarle con le modalità di apprendimento più diffuse nelle nostre aule scolastiche.
Ebbene, secondo l’accademico con l’apporto dei videogiochi è lecito pensare che l’apprendimento dei giovani è migliore: “si apprende – ha detto Rivoltella – provando e riprovando. L’ambiente è normalmente attraente; non si sanziona mai l’errore in maniera definitiva, si distribuiscono gratificazioni e le regole vengono apprese implicitamente”. C’è poi il “gruppo di affinità”, che “crea legami molto forti tra i giocatori”. In altre parole, tramite i videogiochi “si apprende per curiosità, sulla base di un coinvolgimento personale, con il supporto di una forte motivazione”.
Per il professore della Cattolica, quindi, siamo di fronte ad una serie di strumenti “importanti per un apprendimento scolastico efficace”. Nella realtà le cose vanno diversamente: quasi sempre si trasmettono nozioni e conoscenze “in un ambiente noioso, basato sulle sanzioni, dove si centellinano le gratificazioni. Le regole vengono apprese in modo astratto. Si apprende per dovere e non per curiosità, sulla base delle pressioni familiari e sociali e non del coinvolgimento personale, senza forti motivazioni”.

Meglio allora organizzare le lezioni avvalendosi di tecnologie affini ai giovani, a costo di allontanarsi da schemi e convinzioni tradizionali. Delle quali non possiamo sempre dire che hanno fatto il tempo loro, ma almeno che è lecito metterle in discussione e sperimentare nuovi modelli da integrare.

Alessandro Giuliani

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